Pristina conquista il prefisso telefonico

BELGRADO. Il +381 serbo, il 385 croato, il 387 bosniaco e così via. Ne mancava solo uno all’appello dei prefissi telefonici nati dall’implosione della Jugoslavia. Ma ora anche il Kosovo, ultima regione della fu Jugoslavia a diventare indipendente, nel 2008, e ancora aspirante membro delle Nazioni Unite, avrà quanto prima il suo prefisso internazionale, un passo avanti importantissimo dal punto di vista pratico. E da quello simbolico.
È questo il risultato di mesi di accese discussioni e baruffe sulla direttrice Belgrado-Pristina, due capitali che però continuano, con alti e bassi, a lavorare per la normalizzazione dei rapporti bilaterali. Belgrado e Pristina, ha annunciato domenica sera l’Unione europea, che hanno raggiunto «un accordo per un’ulteriore implementazione dell’accordo sulle telecomunicazioni». La nuova intesa prevede espressamente la concessione di «un codice di tre cifre, allocato dall’Unione internazionale delle telecomunicazioni al Kosovo», ossia un prefisso internazionale per l’ex provincia serba. Spariranno, e non saranno rimpianti, i prefissi attuali in uso, il +381 serbo per chiamare la rete fissa, e i +386 sloveno e +377 del principato di Monaco, utilizzati per le chiamate sui cellulari, ha fatto sapere Pristina.
Che cosa cambia? Molto, almeno per il Kosovo. «La nostra nazione avrà il proprio prefisso telefonico, come altri Stati, e avrà piena sovranità sul codice», il messaggio non troppo implicito lanciato dal ministro kosovaro Edita Tahiri, fra le fautrici di un accordo accolto con entusiasmo in Kosovo. Tahiri che ha confermato che il Kosovo riceverà il codice +383, entro metà dicembre.
Ma tutto, nei Balcani, si può interpretare in maniera diversa e opposta. Anche la Serbia si è detta infatti «soddisfatta» per l'intesa, come ha specificato la controparte serba di Tahiri, Marko Djuric. Belgrado ha però negato con forza che la concessione del prefisso sia un riconoscimento implicito dell’indipendenza del Kosovo. In realtà, il prefisso sarà di proprietà di Belgrado, dato che «la Serbia chiederà un prefisso aggiuntivo da conferire alla Serbia», come ha fatto la Cina con Taiwan, Macao e Hong Kong, ha precisato ieri Djuric. In pratica, prefisso internazionale a tutti gli effetti per Pristina, solo “geografico” per Belgrado. Djuric che, già domenica sera, aveva tessuto le lodi dell’intesa, parlando di accordo che garantirà la salvezza «dell’intera proprietà della Telekom serba» in Kosovo e di vantaggi per i serbi, che continueranno a utilizzare la rete Telekom in Kosovo.
Insomma, tutti contenti. O quasi. L’analista Dusan Prorokovic, già a ottobre quando si parlava di accordo raggiunto, aveva parlato di «legittimazione del Kosovo» e di concessioni eccessive. Non la pensa così Dragan Popovic, direttore del think tank Policy Center. «L’accordo», spiega al Piccolo Popovic, «è molto importante e tutte le intese tra Serbia e Kosovo, che mirano alla normalizzazione dei rapporti, lo sono». E l’attribuzione del codice è essenziale per «i cittadini del Kosovo, di tutte le nazionalità, perché potranno usare normalmente i telefoni», aggiunge. Sull’interpretazione dell’intesa da parte di Belgrado e Pristina, «sono convinto che non ci sia un riconoscimento de facto». Esiste una «procedura chiara che in Serbia prevede il passaggio in Parlamento» per questo «e tutto il resto sono discorsi politici». «È un passo avanti per il Kosovo, la Serbia e per l’intera regione, ma non significa che Belgrado ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo», anche se i politici di Pristina «sono pronti a leggere ogni mossa» della Serbia «come un riconoscimento, conferma, contattato proprio su un cellulare di Monaco, il politologo kosovaro Nexhmedin Spahiu.
Nondimeno, ricorda l’analista, per anni «il Kosovo ha sborsato somme enormi per l’uso dei prefissi» stranieri – 200 milioni in 17 anni, secondo il governo – «e l’intesa renderà le cose più facili». Almeno per la gente comune, che ha pagato salato guerre, odi. E bollette.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo