Primo verdetto della Corte speciale all’Aja: condannati due ex esponenti dell’Uck, l’esercito di liberazione del Kosovo

Kosovo, per il tribunale dell’Aja i due sono colpevoli di intimidazioni: «Azioni criminali non patriottiche»
Stefano Giantin
Militanti dell’Uck: alcuni guerriglieri durante una cerimonia in una foto d’archivio
Militanti dell’Uck: alcuni guerriglieri durante una cerimonia in una foto d’archivio

BELGRADO Una sentenza rilevantissima, poiché pronunciata per la prima volta. Ma anche perché suggerisce che un tribunale con un compito arduo e rilevante ha iniziato a funzionare a pieno ritmo. E appare pronto anche a esprimersi sui pesci più grossi.

Il Tribunale è quello che risponde al nome di Kosovo Special Chambers (Ksc), Corte speciale con sede all’Aja ma che lavora sulla base del codice kosovaro, e che ha il difficile compito di esaminare ed eventualmente punire i presunti crimini commessi dall’Esercito di Liberazione del Kosovo (Uck) dal 1998 a 2000, soprattutto contro esponenti della minoranza serba, rom e albanesi considerati collaborazionisti.

Il Ksc mercoledì mattina ha emesso un verdetto di primo grado molto significativo, il primo dalla sua istituzione nell’ormai lontano 2015. È un verdetto di colpevolezza – con condanna a quattro anni e mezzo di carcere - nei confronti di Hisni Gucati e Nasim Haradinaj, due ex alti papaveri dell’Uck, in epoca più recente diventati rispettivamente il leader e il numero due dell’influentissima, a Pristina, Associazione dei veterani dell’Uck.

Gucati e Haradinaj non erano finiti sul banco degli imputati per presunti crimini di guerra ma per reati ugualmente gravi, commessi per minare l’azione dei magistrati dello stesso Tribunale impedendo di perseguire eventuali colpevoli. I crimini risalgono al settembre 2020, quando il Kosovo e i Balcani interi erano stati scossi dall’iniziativa di Gucati e Haradinaj e della loro associazione, che avevano sventolato ai quattro venti la misteriosa ricezione di migliaia di pagine relative alle indagini del Tribunale, inclusi documenti con nomi di testimoni e potenziali testimoni. «Ce li ha consegnati qualcuno che portava gli occhiali, sono quattromila file», aveva dichiarato ai tempi Gucati, lanciando la bomba. Bomba che si era poi perfezionata in apparizioni pubbliche e conferenze stampa degli ex Uck, in post sui social media, tutti con l’obiettivo di diffondere informazioni riservate sul lavoro della Corte e soprattutto sui nomi dei testimoni nei processi.

«Ora che tutti sanno chi siete nessuno potrà proteggervi», era stato il minaccioso messaggio divulgato, ha sintetizzato la Corte. I testimoni, cosa ancora più grave, erano stati più volte definiti come «traditori», «spie» o «collaborazionisti» dai due imputati: un chiarissimo tentativo di intimidire chi aveva deciso o stava valutando di testimoniare davanti alla Corte su casi delicatissimi, per il Kosovo, che coinvolgono ex comandanti dell’Uck, poi diventati personalità apicali della politica di Pristina.

Intimidazioni, hanno stabilito i giudici dell’Aja – la Corte ha sede in Olanda proprio per meglio proteggere i testimoni - che sono un fenomeno endemico in Kosovo. Ne sono espressione anche le azioni di Gucati e Haradinaj, che volevano impedire «investigazioni efficaci» del Tribunale e «procedimenti giudiziari contro ex membri dell’Uck», si legge nelle motivazioni della sentenza.

Le loro non sono state, come si è provato a giustificarle, «azioni patriottiche, ma criminali», ha sentenziato il giudice Charles Smith. Parole che sono state accolte tra mille polemiche a Pristina, con attacchi politici al Tribunale e difese a spada tratta dell’Uck. La condanna è «ingiusta, la Corte politica, non la riconosciamo», hanno attaccato i veterani dell’Esercito di Liberazione, mentre l’ex premier Haradinaj ha fatto appello ai condannati affinché «rimangano forti, la guerra per il nostro Paese continua».

Ora la palla torna al centro, con altri imputati eccellenti che attendono importanti sviluppi. Sono l’ex presidente kosovaro Hashim Thaci ed ex leader Uck e politici di punta come Kadri Veselj, Jakup Krasniqi, Rexhep Selimi o Salih Mustafa - che aveva paragonato la Corte a un «tribunale della Gestapo» - imputati per crimini di guerra e decine di omicidi. Tutti si proclamano innocenti.

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