Primo maggio “jugoslavo”, polemiche dopo il corteo
È avvelenata la coda del Primo maggio a Trieste. L’esposizione della bandiera iugoslava e di quella italiana con tanto di stella rossa, nel contesto della manifestazione conclusiva che Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato venerdì in piazza dell’Unità d’Italia, in occasione della Festa del Lavoro, ha scatenato durissime reazioni. Sandra Savino, coordinatrice regionale di Forza Italia, parla di «inaccettabile rituale con esposizione di bandiere che richiamano l'occupazione dell'esercito iugoslavo, cioè di una buia pagina della storia della nostra città. Tutto ciò – incalza – nell’indifferenza di chi la manifestazione l'ha organizzata e del sindaco, che dovrebbe rappresentare tutti i triestini, e che ha partecipato serenamente al corteo». Everest Bertoli, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, dice che «le truppe comuniste iugoslave entrarono in città come oppressori quanto e più delle truppe naziste. Pazzesco - aggiunge – che nessuna autorità sia intervenuta in piazza». Bertoli e il capogruppo del Pdl, Lorenzo Giorgi, hanno subito preparato due mozioni da sottoporre al consiglio comunale.
La prima chiede all’assemblea di esprimere «forte sdegno per il vilipendio della bandiera italiana lordata da Stella rossa», la seconda «che sia intitolata una strada al giorno in cui Trieste fu liberata, il 12 giugno 1945». Claudio Giacomelli, di “Fratelli d’Italia”, sottolinea che “quelle bandiere nella storia di Trieste hanno un significato di morte e terrore. Gli organizzatori della manifestazione o sono d'accordo o non sono in grado di controllare il loro corteo. Chiediamo perciò – conclude – che il prossimo anno si vieti l'utilizzo della piazza”. Per il segretario dell’Ugl, Matteo Cernigoi «é oltraggioso usare una manifestazione di tutti i lavoratori per esporre bandiere che evocano solo l'idea di morte e sofferenza». Davide Comolli, di “Italiani di Trieste”, critica gli organizzatori della manifestazione «che avrebbero dovuto espellere dalla piazza chi ha alzato quelle bandiere».
«La mia presenza al corteo – replica il sindaco, Roberto Cosolini – ha avuto il preciso significato di rappresentare l’impegno delle istituzioni sul tema del lavoro. Definisco comunque sbagliato e fuori dal tempo il gesto dell’esposizione della bandiera iugoslava – precisa – che nulla aveva a che vedere con la manifestazione, ma riguarda fatti già consegnati alla storia. Mi è sembrato un fatto volutamente destinato a scatenare reazioni, obbligando la politica a occuparsi del passato, mentre essa invece deve impegnarsi per il futuro. Si è così concretizzata una sorta di silenziosa alleanza fra opposti – aggiunge Cosolini – che trae beneficio da questa situazione. In realtà – conclude il sindaco – quelli che hanno esposto la bandiera mi ricordano i giapponesi nella giungla».
Franco Belci, segretario regionale della Cgil, sottolinea che «il corteo non c’entra nulla con la Liberazione di Trieste. La bandiera di uno Stato che non esiste più – conclude Belci – alzata per creare fratture in una Festa destinata invece a unire, può avere posto solo fuori dal corteo, e chi lo fa se ne deve assumere le responsabilità». Tornando al comizio finale in piazza, è stato ribadito che «serve un’iniziativa molto più forte del Governo sui temi realmente importanti dell’economia, del lavoro e dell’occupazione, problema che non si risolve col Jobs Act».
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