Primarie Pd, Zvech vince con più del 50%

Nella corsa alla segreteria regionale si profila una vittoria al primo turno. Moretton sotto il 30%
TRIESTE
«I vincitori non sono quelli che diventeranno segretari, ma quelli che hanno partecipato al voto. E segnato una svolta per tutta la politica, e non solo per il centrosinistra, una svolta che da domani dobbiamo rendere irreversibile». Il suo trionfo, quando mezzanotte è passata da un pezzo, appare ormai scontato. Ma Bruno Zvech, il segretario regionale in pectore del Partito democratico, dedica il suo commento «a caldo» al popolo delle primarie. Un popolo che ha già fornito il verdetto più atteso, un’affluenza da sogno, dimostrando che esiste e soprattutto, nonostante sia deluso, arrabbiato e magari un po’ «ingrillito», resiste. A Roma come in periferia.


Il Friuli Venezia Giulia non fa eccezione: sono 56mila gli elettori che, nel «Pd-day», si presentano ai seggi, sbriciolando le previsioni più rosee di sondaggisti, sballando i calcoli di politici e incoronando il primo leader. Sono 56 mila come quelli che, nel 2005, votarono Romano Prodi. Chi l’avrebbe mai sognato? «Sono stati tanti, tantissimi, dando vita a una partecipazione coinvolgente, commovente, inimmaginabile» insiste Zvech. Non vuole spingersi oltre, non vuole commentare il suo successo, non ancora: «Aspetto i dati ufficiali». Ma il segretario dei Ds, il «Prof» triestino in aspettativa che piglia voti a go-go in Friuli, ce l’ha fatta: i dati ufficiosi, quelli sì copiosi, non lasciano spazio ai dubbi. «Bruno si attesta sul 55% dei voti a livello regionale» ripetono, l’uno dopo l’altro, supporter e non.


Aggiungono che Gianfranco Moretton, il vicepresidente della Regione e leader della Margherita, quello che esce come grande sconfitto, si ferma sotto il 30%: «Attorno al 28-29%». Concludono che Francesco Russo e Enzo Barazza, i due outsider della Margherita che hanno sfidato la nomenklatura di partito, viaggiano sull’8-10%. Certo, i numeri sono ancora ufficiosi e approssimativi: alle 2 di notte il quartier generale delle primarie, sotto la guida di Bruno Longo, sta ancora lavorando alacramente. Certo, come impone il regolamento delle primarie, quei numeri vanno appena trasformati in scranni giacché Zvech, per diventare segretario al primo turno, deve «controllare» almeno il 51% dell’assemblea costituente regionale. Ma quei numeri, seppur non ufficiali, sono comunque inequivocabili: il candidato unico dei Ds stravince in provincia di Trieste e in quella di Gorizia, dove sfiora o supera il 60%, viaggia sul 50% in quella di Udine, tiene testa a Moretton persino in quella di Pordenone. Una cavalcata.


E gli avversari battuti sono i primi a riconoscerlo: «Appare chiaro che Zvech ha acquisito il maggior numero di consensi» afferma, subito, Moretton. «Complimenti all’eletto. Non avrei scommesso su una vittoria al primo turno. Merito delle capacità di Zvech e della macchina organizzativa dei Ds» osserva Barazza. «Quello di avere un vincitore al primo turno, tutto sommato, è un risultato positivo per il Pd» aggiunge Russo. Non sono delusi, i due outsider. Al contrario. L’ex sindaco di Udine si gode il 26% collezionato nella sua roccaforte, la città di Udine, nonostante il tifo-contro di Sergio Cecotti: «Non mi pare abbia portato grande fortuna a Moretton... Ma il mio risultato si commenta da sé. Mi sono candidato all’ultimo, spinto dalla passione e non dal calcolo, osteggiato dai vertici della Margherita, sostenuto solo dagli amici. Ma la città mi ha ripagato. Sono soddisfatto, molto soddisfatto».


Il candidato più giovane, il triestino vicino a Enrico Letta, non è meno appagato: certo, non è l’ago della bilancia nella costituente come forse sperava, ma quel 16% collezionato a Trieste e quel 10% o giù di lì su scala regionale gli concedono uno spazio politico tutto da giocare nel nuovo partito: «Ho portato un contributo di innovazione, rinnovamento e mescolamento delle diverse tradizioni e culture». E adesso, però? Di sicuro, con la vittoria schiacciante di Zvech, il Partito democratico allonta il rischio di un rimpasto di giunta o di un braccio di ferro tra Riccardo Illy e il suo vicepresidente. Ma non nasce troppo a sinistra? I diellini, un po’, lo temono. E lo ammettono: «Adesso ci dovrà essere una costruzione unitaria del partito, perché questa è la condizione indispensabile perché abbia lunga vita e risponda alle esigenze dei cittadini» afferma Moretton. «Non credo che il risultato rispecchi fedelmente il peso dell’elettorato di Ds e Margherita.


E credo invece che Zvech avrà l’equilibrio sufficiente per tenere conto delle diverse anime e sensibilità» aggiunge Russo. Ma proprio il triestino lascia intuire che, in casa diellina, il day after potrebbe riservare una resa dei conti: «Si dovrà sicuramente riflettere sulle scelte della dirigenza della Margherita. E, in particolare, sulla mancata candidatura unitaria». Barazza, invece, guarda oltre: «Andiamo avanti. Fondiamoci e lavoriamo insieme perché non possiamo dimenticarci che il Partito democratico, in Friuli Venezia Giulia, deve affrontare una prova dura: il collaudo alle regionali del 2008». E sarà un collaudo nazionale.

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