Prima vittoria degli ambientalisti: bloccata la maxi diga sul fiume Bosna

Sarebbe dovuta servire alla produzione di energia elettrica vicino alla città industriale di Zenica
Stefano Giantin / Belgrado

BELGRADO Una grande vittoria, in una battaglia cruciale nella lunga e complicata guerra per la difesa dei fiumi balcanici. È quella che è stata riportata nel cuore della Bosnia, nell’area di Zenica, dove sembra ormai essere del tutto tramontato il controverso progetto di una diga che avrebbe sbarrato il corso del fiume Bosna, sbarramento pensato - come tantissimi altri nella regione - per favorire la produzione di energia elettrica. Progetto che è stato affossato dal ritiro dai giochi dell’influente Banca tedesca per lo sviluppo, quella Kfw che nel 2014 aveva accettato, siglando un accordo con la Elektroprivreda Bosne i Hercegovine (Epbih), l’omologo locale dell’Enel, di fornire un prestito da trenta milioni di euro. Il prestito sarebbe servito per un mega progetto vitale per la produzione di elettricità. Parliamo infatti di una grande diga alta sedici metri, che sarebbe dovuta sorgere sulla Bosna, non lontano dalla città industriale di Zenica. La diga avrebbe poi fornito l’acqua necessaria alla centrale di Janjici, un impianto da 15,7 mw. Ma a molti quel progetto non piaceva.

Fra i critici, da anni in trincea per impedire che fosse realizzato, organizzazioni come l’Ong Eko Forum Zenica, che ha ricordato che, in collaborazione con altre associazioni, aveva contestato l’iniziativa, presentando nel gennaio del 2021 un ricorso direttamente alla Banca tedesca Kfw. E quella contestazione, basata sui possibili danni alla flora e alla fauna dell’area, ha avuto successo. «La procedura per annullare il finanziamento è stata iniziata», ha informato Eko Forum Zenica. «Senza quei fondi, l’Epbih difficilmente riuscirà a costruire la centrale idroelettrica di Janjici, una battaglia per salvare il fiume Bosna e la Janjcka Ada e le sue rapide è stata vinta», ha aggiunto con soddisfazione l’associazione. Si tratta del riferimento a un’area che sarebbe stata distrutta dallo sbarramento.

Area preziosissima, ha ricordato l’Ong RiverWatch, organizzazione da anni in prima fila nella difesa di quello che è stato definito il “Cuore blu” dei Balcani, una fittissima rete di torrenti e fiumi, in gran parte non violati dalla mano dell’uomo ma interessati da centinaia di progetti di mini-centrali e piccoli sbarramenti progettati per la produzione di energia. E la Bosna è una di quelli, «particolarmente apprezzata dai pescatori locali» e habitat «per specie protette», tra cui quindici di pesci di «importanza a livello europeo», ha illustrato l’organizzazione, aggiungendo che la diga avrebbe creato «una barriera tale da impedire le migrazioni dei pesci verso il Danubio, attraverso la Sava e la Bosna».

La fine della “guerra” è ancora lontana. «Il prossimo passo è cancellare completamente la centrale dai progetti in essere e abbiamo già presentato una richiesta in questo senso», ha spiegato Samir Lemes, di Eko Forum. Parliamo di un fiume, la Bosna, «che dà il nome al Paese e ha un valore incredibile per tutti noi, era del tutto insano pensare di distruggerlo» con una diga e una centrale, gli ha fatto eco Emina Veljovic, dell’Aarhus Center.

Nel frattempo, mentre in Bosnia si festeggia, in tutti i Balcani la guerra contro le mini-centrali intanto prosegue. Sono in tutto 3.500 quelle in cantiere, malgrado molte – grazie alle proteste dal basso – siano ormai solo un’idea sulla carta.

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