Prima multa a un locale di Gorizia: «Lavorare così è una follia pura»

Sanzione al bar Aenigma del consigliere comunale Traini: «Noi esercenti siamo vittime e carnefici»
Bumbaca Gorizia 23.05.2020 Aperitivo e movida © Foto Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 23.05.2020 Aperitivo e movida © Foto Pierluigi Bumbaca

GORIZIA «Siamo nella situazione kafkiana di temere di non avere clienti e, allo stesso tempo, di aver paura di averne. È follia pura».

Emanuele Traini, consigliere comunale, capogruppo della lista civica “Gorizie” e contitolare del bar Aenigma di via Nizza è schietto. E si lascia andare a uno sfogo che inquadra alla perfezione la frustrazione di un’intera categoria alle prese con i decreti sul distanziamento sociale e sull’uso delle mascherine. Lui è stato vittima anche di una disavventura perché, mercoledì sera, si è beccato dai carabinieri una sanzione amministrativa di 400 euro (che diventano di 280 se pagati entro dieci giorni) perché due avventori non rispettavano il distanziamento di un metro. «Erano a 89 centimetri uno dall’altro e mi è stata elevata una sanzione», conferma Traini. Che non ce l’ha affatto con le forze dell’ordine («Devono fare il loro lavoro e sono vittime loro stesse di norme fumose e contraddittorie»). Piuttosto commenta a voce alta il corto circuito scaturito dall’evoluzione repentina che il mestiere di esercente ha avuto a causa del Covid-19.

«Noi - premette - viviamo di socialità e di luoghi di aggregazione. Ma ci troviamo a rispondere a norme che non sono chiare nemmeno a chi deve accertare che vengano rispettate. Ci troviamo a che fare con persone che non sono delinquenti: sono ragazzi normalissimi che, forse per leggerezza, talvolta infrangono le regole. Questa è una situazione comune a tutte le attività ma chi è più in vista viene adocchiato. Chi è più defilato, ricordiamolo tutti, ha le stesse criticità di chi ha un bar in centro».

Secondo Traini, oggi gli esercenti sono «vittime e carnefici al tempo stesso». Vittime perché devono rispondere dei comportamenti degli avventori, carnefici perché devono continuamente controllare i propri clienti. «E non è una situazione facile perché dobbiamo servire il caffè, la birra, la bibita, il panino e, al tempo stesso, siamo investiti dal compito di controllare che tutti coloro che vengono da noi rispettino le norme sul distanziamento sociale. Non è facile, anzi è scoraggiante».

Sabato sera, poi, ci si è messa pure la pioggia. «In molti hanno cercato di ripararsi sotto gli ombrelloni ma ho dovuto letteralmente mandarli via per il timore non ci fossero assembramenti. E a mezzanotte e 45 ho chiuso il locale, rinunciando a un migliaio di euro di incasso potenziale».

L’esercente-consigliere comunale illustra quello che è stato, sin dall’inizio, il suo pensiero. Che avrebbe causato sicuramente meno problemi, meno fastidi, meno assembramenti. «Io, sin dalla prima ora, ero dell’idea che sarebbe stato meglio non riaprire subito. Sarebbe stato preferibile farci tenere chiusi i battenti, garantendoci aiuti per vivere. Perché, riaprendo con questi paletti, la categoria lavora male, è stressata e lavorano male pure le forze dell’ordine stesse che sono realmente in difficoltà a far rispettare norme che si prestano ad interpretazioni e non sono sicuramente chiare».

Sì, molte volte i baristi devono trasformarsi, loro malgrado, in vigilantes e controllare che la clientela rispetti le norme sul distanziamento sociale. «Ripeto: siamo felici di avere clienti ma siamo preoccupati quando ne arrivano... troppi».

C’era una volta la febbre del sabato sera. Ma, in tempi di Covid-19, non ci si può permettere di avere febbre. O meglio: 37,4° ancora sì, ma se si dovesse avere 37,6° il rischio è di essere additati come “untori”. Altre stranezze ai tempi del virus. —

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