“Prima gli italiani”, giunta e sindaci del Fvg riformano la legge sulle case popolari
TRIESTE Ridurre la presenza di stranieri nelle case popolari. Prenderà corpo entro l’anno la manovra a tenaglia con cui giunta regionale e sindaci dei comuni capoluogo del Friuli Venezia Giulia vogliono riformare i criteri di accesso alle Ater, per limitare l’assegnazione agli immigrati di alloggi a canone ridotto.
Si tratta di uno dei paradigmi della propaganda della destra, che sullo slogan “prima gli italiani” ha costruito parte importante del proprio consenso. E la giunta Fedriga ha allora già in mente il riassetto delle Ater e in autunno conta di innalzare da due a cinque anni il requisito della residenza minima in Fvg per l’ottenimento di una casa popolare. Sugli anni di presenza sul territorio, il welfare leghista intende infatti costruire i criteri di accesso alle misure sociali erogate dalla Regione.
L’esecutivo sa tuttavia che l’asticella non va fissata troppo in alto, per non incorrere nell’incostituzionalità come accaduto ad esempio alla Liguria, dove nel 2017 il centrodestra aveva indicato in dieci anni di residenza il requisito minimo per richiedere una casa popolare, vedendosi bocciare la decisione dalla Corte costituzionale per «irragionevolezza e mancanza di proporzionalità». La Consulta ha inoltre rispedito al mittente la norma con cui il Veneto aveva portato a quindici gli anni di residenza per l’accesso preferenziale alla frequenza gratuita dell’asilo nido da parte dei figli.
Innalzare il limite da due a cinque anni non dovrebbe comportare rischi perché le disposizioni comunitarie, recepite dall’Italia, riconoscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di Paesi terzi che risiedano regolarmente in uno Stato membro da almeno cinque anni, equiparandoli ai cittadini del Paese in cui si trovano ai fini del godimento dei servizi sociali. Il governatore Massimiliano Fedriga evidenzia così che «la Corte costituzionale non ha mai bocciato il limite dei cinque anni», già vigente nella Lombardia leghista e nella Toscana a guida Pd.
Per il presidente la vera novità della riforma è tuttavia la fine delle autocertificazioni con cui gli stranieri attestano di non possedere immobili nei paesi di provenienza: «Vogliamo dare priorità a chi risiede da più tempo in Fvg e tornare nella legalità, visto che con le autocertificazioni non si possono fare controlli. Meglio avere una certezza preventiva». I regolamenti vietano l’assegnazione dell’alloggio popolare a chi è già proprietario di un’abitazione e, nel piano Fedriga, gli italiani continueranno a limitarsi all’autocertificazione: per il governatore «non c’è discriminazione ma solo volontà di far rispettare le regole».
La svolta sulle Ater avverrà in piena consonanza con le idee promosse dall’asse dei sindaci di Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone, unitisi a giugno in un coordinamento che costituisce ormai un compatto monocolore di centrodestra, con idee comuni in tema di migranti ed edilizia pubblica. Il primo passo di Roberto Dipiazza, Rodolfo Ziberna, Pietro Fontanini e Alessandro Ciriani sarà proprio chiedere alla Regione di accelerare sulla riforma delle Ater. Il primo a battere un colpo sul tema è stato il goriziano Ziberna, che nei giorni scorsi ha stigmatizzato l’ultima assegnazione avvenuta a Gorizia con 45 alloggi su 58 andati a stranieri. Ziberna coordina il tavolo dei sindaci e spiega che «per noi il regolamento va cambiato, mettendo la residenzialità più alta possibile. Non è una norma anti stranieri, ma chi è qui da trent’anni ha più diritto di chi è qui da pochi anni». Ziberna chiede anche una doppia intensificazione dei controlli: da una parte, perché «non pochi inquilini Ater fanno sfoggio di auto di grossa cilindrata e hanno dunque redditi non dichiarati»; dall’altra, perché «alcuni immigrati hanno casa nei paesi d’origine ma qui autocertificano di no».
Per il triestino Dipiazza, «troppi stranieri lavorano in nero e hanno un Isee molto più basso degli italiani, pagando un affitto Ater più basso. Servono controlli perché gli italiani vivono questa disparità con sofferenza e ciò genera intolleranza. Non voglio fare il leghista ma serve tutelare le famiglie italiane». Chi leghista lo è davvero, come l’udinese Fontanini, ritiene a sua volta che «sono anni che gli appartamenti costruiti coi soldi degli italiani vanno a beneficio di chi è in Fvg da pochi anni: bisogna cambiare le regole per giustizia verso chi paga le tasse e finisce in condizioni di difficoltà. Io – conclude – sarei per superare i cinque anni ma c’è il problema delle sentenze della Consulta». —
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