Prima barca in basalto varata nel polo del Lisert

MONFALCONE. A Monfalcone è stata impiegata per la prima volta oltre 50 anni fa la vetroresina per costruire i mitici motoscafi Bora, ed ora la città dei cantieri fa il bis con una prima europea (c’è stato solo un progetto in Toscana, ma si è rivelato un flop) portando alla ribalta la fibra di basalto, il cosiddetto “carbonio dei poveri”.
Si chiama GreenBoat, è stata varata ieri nel cantiere della Seaway, è un concentrato di tecnologia e innovazione, ha lo scafo in basalto e il tetto della “tuga” in fibra di lino immersa nella resina. E oltre ad essere quasi completamente riciclabile (la vetroresina è un rifiuto speciale e con l’invecchiamento delle barche esistenti il problema dello smaltimento oltre che per i costi sarà esplosivo) possiede qualità e caratteristiche che potrebbero rivoluzionare il diportismo. Ha infatti due motori ibridi diesel/elettrico da 225 cavalli della Volkswagen marine che oltre a garantire consumi bassissimi (fino a un decimo di quelli tradizionali) presenta una novità assoluta: il motore elettrico alimentato da una speciale batteria al litio (quella dei telefonini, ma gigante) caricata dal motore diesel o solo dal pannello fotovoltaico “immerso” nel tetto garantisce la navigazione per 6 ore (o 25 miglia) a una velocità che va da 5 a 7 nodi. Un motoscafo in grado di competere, per economicità e magari vincere la sfida, con qualsiasi barca a vela e garantire di trascorrere l’intera giornata in giro per il golfo e tornare a casa senza nemmeno accendere il diesel.
Ieri il varo tecnico alla Seaway con una madrina d’eccezione, il sindaco Silvia Altran e i protagonisti di questo progetto che sarà lanciato ufficialmente a fine settembre a Trieste in un evento nel Salone degli Incanti. Accanto a Seaway Technologies, azienda leader nella nautica da diporto e nella realizzazione di barche a vela innovative, capofila del progetto che ieri ha visto la presenza dell’ad unico della società monfalconese, Fabrizio Korosec (originario di Bagnoli, che vive a Venezia e dipendente della società di Bled) il vero “ideatore” e promotore dell’utilizzo del basalto per gli scafi, Lucio Marquard, responsabile dello spin off tecnologico del cantiere Alto Adriatico (Alto Adriatico tecnologia e sviluppo). Era da sempre il suo sogno e ieri è diventato realtà, ma questo grazie anche alla partecipazione del progetto (finanziato dai fondi europei) di realtà come l’Università di Trieste con vari dipartimenti tra cui quello della chimica e fisica dei materiali, presente ieri con l’ex direttore della scuola di dottorato di nanotecnologia, Maurizio Fermeglia, ora nuovo rettore dell’Ateneo. Nella cordata anche l’Area di ricerca, il Centro ricerche Plast-optica e la Sissa. A presenziare ieri anche la Confartigianato che ha seguito il progetto, con il presidente di Gorizia Ariano Medeot e quello di Ditenave Alfredo Pascolini.
Quaranta piedi, 4 tonnellate, motorizzazione ibrida per 225 cavalli, velocità di crociera di 13 nodi, massima di 19, motore elettrico con performance eccezionali (25 miglia di autonomia), design essenziale con arredamento in alcantara bianca, due cabine, un bagno e una dinette grande come un salotto di appartamento.
GreenBoat è un prototipo, il costo di costruzione ha raggiunto i 300mila euro. Ma la Seaway, che sta già pensando all’industrializzazione in serie punta a un prezzo che (a seconda della dimensione) potrebbe aggirarsi (si tratta ancora di cifre indicative) dai 120-150mila euro in su.
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