Prete ucciso, si indaga anche sugli inquilini del seminario
Al secondo piano della Casa del clero di via Besenghi, dove è stato ucciso don Giuseppe Rocco attorno alle 6 del mattino dello scorso 25 aprile, tre stanze quel giorno erano libere, non occupate da ospiti. Queste camere si trovano dall’altra parte del corridoio che percorre a “L” l’intero piano. E l’assassino potrebbe essersi nascosto proprio in una di queste stanze. Questa ipotesi, trapelata ieri dagli ambienti investigativi, è ritenuta verosimile. In sostanza la breve sosta in un’altra stanza potrebbe essere stato un escamotage grazie al quale potere uscire dalla Casa del clero in tutta tranquillità proprio nel momento in cui, con l’arrivo dei soccorritori chiamati dall’assistente del sacerdote assassinato Eleonora “Laura” Dibitonto, regnava comprensibilmente la massima confusione.
Ma c’è di più. I carabinieri del reparto investigativo e i poliziotti della Squadra mobile stanno puntando l’attenzione non solo sulle persone che risiedono nella Casa del clero, ma anche sugli inquilini del seminario che si trova a poche decine di metri da quell’edificio. Infatti, se la mattina della tragica morte di don Rocco gli accessi dall’esterno verso l’area in cui sorgono la Casa del clero e il seminario erano chiusi da pesanti cancelli, il passaggio a piedi da un edificio all’altro era (e lo è ancora oggi) assolutamente libero. Basta percorere qualche metro di vialetto e superare un passaggio aperto attraverso la siepe. È per questo motivo che sono in corso altri accertamenti.
Gli investigatori stanno insomma cercando di ricostruire esattamente la situazione di ospiti e inquilini nella notte tra il 24 e il 25 aprile, in base anche a un’indicazione che è stata fornita indirettamente da don Paolo Piccoli, l’altro ospite della Casa del clero presente la mattina dell’omicidio. Ha detto, riferendosi al via vai abituale del seminario: «Quella notte e quella mattina non c’ero solo io qua, ne sono certo. Da queste parti c’è un centro di volontariato, la sede di Vita Nuova. Telequattro e poi qualche professore». Insomma il cerchio delle indagini coordinate dal pm Matteo Tripani si sta allargando.
Carabinieri e poliziotti incrociano le cosiddette testimonianze indirette cercando di fare emergere eventuali possibili incongruenze. Per esempio qualcuno che ha dichiarato di non avere dormito quella notte né in seminario, né alla Casa del clero e che potrebbe essere al contrario stato visto nella stessa zona in orari compatibili con l’omicidio. Il prete è stato aggredito alle spalle e l’assassino gli ha stretto energicamente il collo con l’avambraccio all’altezza della trachea.
Intanto mercoledì 20 agosto inizierà il sopralluogo degli esperti del Ris. I tecnici del reparto investigazioni speciali dell’Arma utilizzeranno le più sofisticate tecniche, tra cui quella luminol. Cercheranno di decrittare le impronte lasciate sul pavimento. Ma anche quelle che potrebbero trovarsi sulla parte interna della porta e sui pochi mobili. Tracce queste che, ovviamente, verranno ulteriormente analizzate per risalire appunto a quelle di chi è entrato nella camera e poi ha ucciso il sacerdote proprio quando stava lazandsi dal letto. Questi accertamenti complessi sono stati determinanti proprio un anno fa per risalire all’assassino di Bruna Cermelli, la disabile ammazzata e violentata nella villetta di Strada per Longera. Non sarà facile: dopo il decesso, quando ancora nessuno aveva ventilato l’ipotesi del delitto, quella camera era stata ripulita e disinfettata.
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