Prete suicida: il vescovo in chiesa a Santa Croce, molti fedeli escono
Chissà cosa resterà di questa giornata di Ognissanti per una Chiesa triestina scossa da vicende drammatiche. Su, a Santa Croce, succede l’inimmaginabile. Un vescovo, quel vescovo che ha trovato cadavere un sacerdote, che piange disperato mentre celebra la messa. E una comunità, quella dei fedeli di lingua slovena, che quando vede il presule metter piede in chiesa gli volta le spalle ed esce.
Sono le dieci e mezzo del mattino. Giampaolo Crepaldi è atteso in San Giusto ma preferisce prendere la strada dell’altipiano in segno concreto di vicinanza a una parrocchia devastata dal dolore. Il dolore per don Maks Suard, il sacerdote accusato di pedofilia che si è tolto la vita martedì scorso in canonica. Mentre è stato appunto Crepaldi, che con lui aveva un appuntamento, a trovarne il corpo. La storia di don Maks e delle “attenzioni” da lui rivolte a una ragazzina risale a 17 anni fa ed è emersa in questi giorni dopo che la giovane, ora trentenne, ha deciso di denunciare tutto al vescovo e ai carabinieri. L’ha fatto, è emerso, per proteggere una nipotina che si era trovata ad avere come insegnante di religione quel prete con cui lei ha avuto un tempo a che fare.
Le attenzioni che don Maks riservava alla ragazzina, si scopre adesso, non si sarebbero limitate a un episodio: la vicenda era durata per mesi, come risulta in Curia, ed era stata nascosta dal clero sloveno. Stando all’allora vicario episcopale per i fedeli della minoranza, don Francesco Voncina, il prete che all’epoca era stato informato dei fatti ma che scelse il silenzio, il caso si intreccerebbe con presunti ricatti, ripicche e regolamenti di conti. La denuncia stessa della donna, ha dichiarato proprio il sacerdote sloveno, sarebbe stata motivata da altre ragioni, tali da spingere don Maks al gesto estremo. Possibile? Materia di indagine per la magistratura.
Vicende, in ogni caso, che spingono Crepaldi a scegliere Santa Croce per il giorno di festa, una festa che nessuno sente in questo piccolo borgo carsico. Ma appena vedono avanzare il vescovo verso l’altare, insieme al segretario personale don Mario e all’attuale vicario per la minoranza, don Anton Bedencic, i fedeli di lingua slovena si alzano ed escono. Vola qualche parola. Dentro rimangono il coro e una manciata di persone. Il rito prosegue. Il vescovo continua e cerca di celebrare il rito il più possibile in lingua slovena. Solo l’omelia, interamente dedicata alla memoria del sacerdote, la pronuncia in italiano.
La voce è rotta da una commozione che pochi istanti dopo si trasforma in pianto. Davanti all’altare, davanti a quei pochi fedeli rimasti. Crepaldi si regge a fatica, sembra stia per avere quasi un mancamento e a sorreggerlo devono intervenire don Mario e don Anton. Lo fanno sedere, gli porgono un bicchiere d’acqua. Durante la comunione una signora col cappotto rosso si ferma per portargli una parola di conforto. Lui ricambia con un sorriso.
I dissidenti, fuori, intonano canti. Difficile comprendere fino in fondo le ragioni della protesta: al giornalista che fa domande rispondono in sloveno, obbligando anche i giovani intorno a farlo. Nessuno parla presentandosi con nome e cognome, qualcuno spiega. «Per noi è un affronto personale, il vescovo non doveva venire qui», mormora una donna. «Don Maks era una brava persona, ha fatto tantissimo per noi, ora qui abbiamo solo giornalisti e polizia. Crepaldi non gli è stato amico, ha detto subito tutto...» interviene un’altra. Poi i toni si rasserenano. E così si riesce a capire che per questa piccola comunità il sacerdote era tutto e che non è stato gradito affatto il tempismo con cui la Curia ha raccontato della vicenda all’origine del suicidio. «Sa una cosa? – s’intromette un uomo – in Diocesi non hanno nemmeno avvertito la famiglia. Il padre ha saputo del suicidio dalla tv...».
Crepaldi, in un caseggiato più in là, riesce dopo la messa ad avere un colloquio distensivo con un gruppo di parrocchiani. Ma davanti alla chiesa si continua a parlottare. «Non doveva venire, abbiamo un dolore troppo forte, siamo tutti scossi», ripete un’anziana. Sul sagrato, gli avvisi nelle bacheche si possono leggere in sloveno e italiano, con l’aggiunta del tedesco. Già, don Maks - è risaputo da tutti in Diocesi - non amava riconoscere l’uso dell’italiano accanto a quello dello sloveno in queste terre. E ieri, qui, qualcuno è venuto a ricordarlo.
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