Pressing serrato dal Fvg per riaprire i negozi lunedì 11 maggio, ma il governo non molla

TRIESTE. Mentre la politica dibatte ancora sulla ripartenza delle attività economiche, il mondo del commercio regionale attende e Roma continua a respingere il pressing dei governatori sull’anticipazione dell’apertura dei negozi a lunedì. Dopo il pronunciamento unanime della Conferenza delle Regioni per l’immediato via libera, il presidente Fvg Massimiliano Fedriga ha sperato in qualche concessione, ma la telefonata che il ministro Francesco Boccia aveva promesso per ieri sera non c’è stata, tanto più dopo che l’Istituto superiore della sanità ha bocciato gli allentamenti prima del 18 maggio.
La posizione delle autonomie locali è trasversalmente condivisa, se il leghista Fedriga fa sponda col collega dem Stefano Bonaccini. Il governatore chiede serrande alzate da lunedì per negozi e centri commerciali, mentre è disposto ad attendere il 18 maggio per bar, ristoranti, parrucchieri e stabilimenti balneari. Fedriga rifiuta di ragionare per categorie, ma vuole che riapra chiunque sia in grado di rispettare le regole e per questo domanda a Roma di emanare al massimo entro domenica linee guida chiare per il piccolo negozio così come per il grande outlet. Questa la posizione congiunta di tutte le Regioni e Province autonome, di cui il Fvg a trazione leghista è stato anticipatore assieme alle altre amministrazioni di centrodestra, spoglie dell’imbarazzo di mettere in difficoltà il governo amico.
L’esecutivo ha indicato inizialmente il primo giugno come data per il via libera e poi si è detto disponibile a valutare un’anticipazione al 18 maggio, con aperture differenziate in base alla situazione delle varie aree del Paese. La Conferenza delle Regioni e il ministro ne riparleranno l’11 maggio per confrontarsi su situazione dei contagi e occupazione delle terapie intensive nei vari territori. Fedriga martella però da tv e radio nazionali il governo affinché si riparta prima: «Ho sentito in mattinata il ministro Boccia – diceva ieri pomeriggio – e mi ha detto che darà una risposta in serata: mi auguro tempi ragionevoli perché, se si dovesse aprire lunedì, serve un minimo di organizzazione». Ma il contatto non c’è stato.
Il governatore chiede a Roma pure di esentare la Regione dal pagamento di 1,3 miliardi in due anni di contributi al risanamento della finanza pubblica e non pensa dunque a strappi definitivi sul commercio, come avvenuto nei giorni scorsi in Calabria o come deciso ieri dalla Provincia autonoma di Bolzano, che ha cercato di aprire negozi, attività artigianali, musei e centri giovanili con un voto nella notte. Scelta polemica subito impugnata dal governo, perché varata in assenza delle linee guida nazionali sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
E proprio commentando le scelte della giunta Kompatscher, Boccia ha chiarito nel corso della giornata che «resta confermato l’orientamento a procedere dal 18 maggio ad aperture differenziate per Regioni. Il governo approva, ma l’autonomia deve esercitarsi nell’ambito del rispetto dei valori garantiti dalla Costituzione, primo fra tutti quello alla salute». Parole che suonano come una pietra tombale alle richieste delle Regioni.
Fedriga può contare sul fatto che il Fvg sia riconosciuto dal ministero della Salute fra i territori a rischio più basso di contagio e per questo chiede di poter agire con maggiore libertà, ma Boccia e Speranza vogliono prima valutare il possibile aumento dei positivi generato dal primo alleggerimento del lockdown. Il presidente del Fvg evita lo scontro: «Valutiamo sulla base delle interlocuzioni con il governo e ragioniamo anche con le altre Regioni per trovare linee comuni di azione». L’idea è che da lunedì alcune amministrazioni concordi mettano in campo ordinanze gemelle che allentino quel poco che si potrà nell’ambito del decreto del governo. Gli effetti saranno relativi, ma manderebbero un nuovo messaggio politico di opposizione alle scelte dell’esecutivo ed è probabile che su questo terreno si muoveranno allora solo le Regioni di centrodestra.
Fedriga non può ignorare le cinquemila firme raccolte da Confartigianato nel settore dei servizi alla persona, la consegna simbolica delle chiavi dei negozi e le luci lasciate accese per protesta. Ma al momento non si va oltre la possibilità accordata ai commercianti di preparare nei propri esercizi quanto occorre alla riapertura. Il presidente sottolinea che «sarebbe comodo farsi impugnare una nuova ordinanza e fare il fenomeno aprendo tutto, ma devo dare risposte al mondo produttivo: far riaprire e poi chiudere in 24 ore creerebbe solo un danno.
Per questo ho sempre cercato un dialogo col governo, ma non sono comprensibili le disparità, con stabilimenti da migliaia di persone aperti e il negozio di calze spacciato come un posto dove la pandemia si diffonde più facilmente. Chiedo date certe e regole chiare e attuabili, che mi auguro arrivino in tempi rapidissimi. Servono i protocolli delle varie categorie e chi li rispetta deve poter aprire». Ma Fedriga pare rassegnato a dover aspettare il 18 maggio: «Mi auguro che le linee guida possano uscire nei primi giorni della prossima settimana, perché serve qualche giorno per prepararsi in vista del 18».
Il Pd invita intanto a guardare al concreto con Sergio Bolzonello: «La giunta ascolti il grido degli esercenti e proroghi il sostegno ai canoni d’affitto di aprile e maggio. L’aiuto della Regione non può limitarsi al solo mese di marzo». Al momento la legge regionale prevede un contributo a fondo perduto del 20% sul canone di locazione di marzo, con un esborso complessivo da 7,5 milioni, ma le domande pervenute richiedono coperture per poco più di un milione e ci sarebbe dunque spazio per estendere il beneficio ai mesi successivi. —
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