Presidenziali in Austria: ora il ballottaggio. Favorito l'estremista di destra
TRIESTE L’Austria domenica 22 maggio va al voto di ballottaggio per l’elezione del presidente orfana di sondaggi. Dopo il flop nelle previsioni al primo turno, quattro domeniche fa, nessun istituto demoscopico si è arrischiato a fornire nuovi pronostici. Il risultato è incerto più che mai, se non altro perché per la prima volta nella storia repubblicana austriaca alla corsa finale non è presente neanche uno dei due partiti storici – l’Spö (socialdemocratico) e l’Övp (popolare) – che finora si erano succeduti sulla poltrona presidenziale.
Questa volta i finalisti al ballottaggio sono Norbert Hofer, esponente della destra liberalnazionale (l’Fpö, che fu di Jörg Haider e che ora è guidato da Heinz-Christian Strache), e Alexander Van der Bellen, indipendente (ma con un passato di portavoce decennale dei Verdi). Hofer al primo turno aveva ottenuto il 35,1% dei voti, Van der Bellen il 21,3. Il primo sembrerebbe il favorito, ma tutto dipenderà dall’orientamento che prenderanno i voti che al precedente turno erano andati ad altri candidati.
Teoricamente quelli dei socialdemocratici dovrebbero convergere su Van der Bellen, considerato “di sinistra” e da alcuni addirittura “di estrema sinistra”, benché in realtà si tratti di un professore universitario di economia, ora in pensione, che alla guida dei Verdi aveva dato al movimento ambientalista un’impronta moderata e liberale. Lo stesso dovrebbero fare gli elettori di Imgard Griss, la candidata indipendente (ex presidente della Corte suprema, estranea ai partiti), convinti europeisti come Van der Bellen.
Degli elettori del Partito popolare – sempre in linea teorica – almeno una parte dovrebbe convergere su Hofer. Ma la teoria, questa volta, non aiuta. Il “cordone sanitario”, che era stato steso in Francia per impedire al ballottaggio l’elezione di Le Pen, potrebbe non funzionare in Austria. Qui nessuno dei partiti e movimenti menzionati ha preso ufficialmente posizione in favore di Van der Bellen. Non lo ha fatto l’Övp, evidentemente diviso al suo interno, ma non lo hanno fatto nemmeno i socialdemocratici, che evidentemente non vogliono mettere ostacoli sulla strada di un’eventuale futura coalizione con l’Fpö. E pensare che nel 2000, al nascere del governo Fpö-Övp, il segretario del Partito socialdemocratico di allora, Alfred Gusenbauer, aveva fatto il giro delle capitali europee, per raccogliere la solidarietà nei confronti della minaccia autoritaria della “destra neonazista”. Ora quella destra sembra meno neonazista, forse un po’ populista, ma comunque accettabile per un accordo di governo.
Nel Burgenland il tabù è stato già rotto: dall’autunno governa una giunta di socialdemocratici e liberalnazionali. Quanto all’ex candidata Griss, soltanto due giorni fa ha annunciato che stavolta darà il suo voto a Van der Bellen, rimarcando tuttavia che la sua scelta è personale e non deve condizionare chi aveva votato per lei. Irmgard Griss, in tutta la campagna elettorale aveva difeso rigorosamente la sua indipendenza dai partiti ed è probabilmente questa la ragione per cui anche in questa fase di ballottaggio non ha voluto schierarsi né da una parte, né dall’altra. Lo hanno fatto, invece, a titolo personale, alcuni noti ex politici, come l’ex segretario dell’Övp Ehrard Busek e l’ex commissario europeo Franz Fischler, dalla parte di Van der Bellen. Nel silenzio imbarazzante dei socialdemocratici, spicca invece la voce del nuovo cancelliere Christian Kern, che non ha esitato a prendere posizione anche lui per il candidato ex verde.
Sull’altro fronte, invece, ha suscitato clamore l’annuncio dato dal vescovo ausiliare di Salisburgo, Andreas Laun, in favore di Hofer. Era da 70 anni che la Chiesa austriaca si era imposta un’astensione assoluta dall’intervenire in politica. Ma l’uscita di mons. Laun è un caso a sé, subito sconfessato dal cardinale Christoph Schönborn, presidente della Conferenza episcopale austriaca.
Quanto alle motivazioni del voto, è evidente che la questione profughi ha avuto il suo peso (è proprio di oggi l'annuncio da parte di Vienna - dal sapore evidentemente elettorale - dell'invio di 80 agenti di polizia al Brennero per aumentare gli - inutili - controlli alla frontiera con l'Italia) , ma non è stata determinante. Non è stato il tema principale, per esempio, dei confronti televisivi tra i due candidati e nemmeno nelle interviste che sono state fatte loro. Si è parlato piuttosto del ruolo e delle competenze della carica presidenziale, che Hofer vede in maniera meno notarile e più interventista (al punto da minacciare addirittura lo scioglimento del Parlamento l’esonero del governo, “se non è in grado di lavorare”) e che Van der Bellen vede piuttosto come un garante della democrazia (al punto che non conferirebbe un incarico di governo al leader dell’Fpö, Heinz-Christian Strache).
Ma la questione profughi riemergerà subito dopo queste elezioni presidenziali, in vista di quelle politicamente ben più importanti per il Parlamento che si terranno tra due anni, dove con tutta probabilità la destra austriaca avrà una larga maggioranza.
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