Presidenziali, Croazia al ballottaggio
Ballottaggio doveva essere e ballottaggio sarà. Al primo turno delle elezioni presidenziali in Croazia, infatti, nessuno dei quattro candidati ha superato la soglia del 50% più uno di voti. Sondaggi, dunque, rispettati con il capo dello Stato uscente Ivo Josipovic che conquista il 38,53% dei suffragi contro il 37,12% della sua principale avversaria ossia l’esponente dell’Hdz, la fiumana Kolinda Grabar Kitarovic. Tra i due ci sono solo 24mila voti.
A dire il vero una sorpresa c’è e non è di poco conto soprattutto per quello che sarà l’esito del ballottaggio in calendario l’11 gennaio prossimo: il successo inaspettato riportato dall’unico volto nuovo di questa tornata elettorale, ossia quel Ivan Vilibor Sincic, esponente della società civile e leader dell’Associazione “Scudo umano” che si batte a fianco degli sfrattati croati che ha fatto segnare il 16,46% dei suffragi. Al di sotto delle aspettative il candidato di estrema destra e leader di Alba croata, Milan Kujundžic che si deve accontentare del 6,29%.
Grossa delusione al quartier generale di Josipovic sostenuto da ben dieci partiti del centrosinistra il quale, anche subito dopo aver deposto la scheda nell’urna ieri mattina, ha ribadito di essere ottimista per una vittoria già al primo turno. L’analisi degli esperti di casa Josipovic è presto fatta. «Ci hanno “tradito” gli elettori di Orah (il partito fondato da Mirela Holy dopo la sua uscita dal governo Milanovic) i quali hanno evidentemente preferito votare per Sincic. Ma non è detto - precisano subito dopo - che lo stesso debba accadere al ballottaggio».
Insomma Josipovic ritiene che al voto suplettivo gli elettori di Orah non andranno sicuramente a votare per la signora Kitarovic. Soddisfazione nell’entourage dell’Hdz. A parlare, subito dopola chiusura delle urne e alla pubblicazione dei primi exit poll, è il segretario generale del principale partito di centrodestra, Milijan Brkic. «È chiaro - dice - che il voto di oggi è un chiaro segnale che i croati non credono più in chi ci sta governando (Coalizione Kukuriku di centrosinistra)». Volti scuri e occhi bassi nella sede degli uomini di Alba croata. Nessuno vuole parlare e si trincerano dietro un laconico: «Aspettiamo i risultati finali».
Felice all’inverosimile è Ivan Sincic. In giacca (un vero miracolo che solo le elezioni presidenziali hanno potuto fare) e camicia bianca da smoking ma senza cravatta o farfalla, ha un sorriso stampato in volto ed è stretto a se dalla sua fidanzata. «Abbiamo fatto un ottimo lavoro - dichiara circondato da microfoni e telecamere - questo è cielo e terra e ora ci presenteremo anche alle politiche». Una promessa, per molti, soprattutto i partiti tradizionali, una minaccia perché il voto di ieri, al di là dei risultati, ha chiaramente detto che il Paese vuole volti nuovi, coraggiosi e non compromessi con i giochi partitici del passato e del presente.
Troppi scandali, un ex premier in galera, un sindaco di Zagabria che rischia di fare la stessa fine e nel frattempo partecipa a tutti gli eventi protocollari del Comune. La gente è stanca, fuori nevica, il Paese è bloccato e lo spettro della fame è dietro a molte porte. I più pragmatici analisti continuano a esaminare i numeri che arrivano dai seggi e vaticinano per il ballottaggio una lotta all’ultimo voto tra Josipovic e Kitarovic che “dovrebbe” risolversi con un 51-49 o 52-48 a favore del primo. Ma nessuno accetta scommesse.
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