Positivo all’alcoltest gli sospendono la patente a rate
Sorpreso al volante nel 2009 con un tasso alcolico superiore al limite gli sospendono la patente per tre mesi.
Oggi, sei anni dopo, la sorpresa: altri tre mesi di sospensione per la stessa infrazione.
Per quanto paradossale questo caso di apparente giustizia al rallentatore non è isolato. Anzi. È una prassi.
Con conseguenze piuttosto pesanti per i malcapitati che devono scontare “peccati” di gioventù molti anni dopo.
I fatti. Nel 2009 un giovane isontino viene trovato positivo all’alcoltest. Capita. Patente sospesa per tre mesi, multa, inizio della laboriosa e costosa procedura sanitaria-psicologica.
Passati i tre mesi, finalmente si torna a guidare. La lezione è servita e il giovane non ha più di temere l’alcoltest.
L’altro giorno la sorpresa: la notifica della Prefettura di Gorizia che gli intima di recarsi alla compagnia dei carabinieri per depositare la patente di guida per altri tre mesi.
Succede - spiegano in Prefettura a Gorizia - perché la positività all’alcoltest promuove d’ufficio il procedimento penale. Evidemente al giovane che ha violato il Codice della strada è stata applicata una condanna che prevede la sospensione della patente per sei mesi.
Lui può ritenersi fortunato: seppure giunta dopo sei anni dal “delitto” la pena definitiva è applicata in un tempo ragionevolmente breve, si fa per dire.
C’è a chi va peggio, anche per cause da imputare a se stesso.
È il caso di chi oppone appello alla sentenza di primo grado, o addirittura ricorre fino alla Cassazione.
Se la sentenza è confermata la sospensione della patente può scattare anche dopo una decina d’anni, visto il tempo medio dei processi.
Ma non c’è limite al limite. Si dà il caso infatti che la Prefettura ha cinque anni di tempo, da quando riceve la sentenza passata in giudicato, per verificare se la sospensione iniziale della patente coincide con quanto disposto dal giudice. Saliamo a una quindicina d’anni.
È giustizia questa? Prendiamo l’esempio del giovane isontino: detto del peccato di gioventù potrebbe pure darsi che nel frattempo ha trovato un’occupazione che ha tra i requisiti quello di utilizzare l’automobile.
Che cosa gli racconta al datore di lavoro? Che sei anni prima si è scolato una birretta di troppo?
Va dato atto in questa vicenda che la Prefettura di Gorizia ha agito con solerzia, ma non si scopre nulla di nuovo rammentando le performance delle tante altre fabbriche di burocrazia.
Nei cruscotti di alluminio delle antiche autovetture erano fissati con la calamita degli oggettini recanti l’ammonimento: “Chi va sano va lontano”. Oggi, rivisti e corretti, potrebbero invece consigliare “Patente sospesa, mai finisce l’attesa”.
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