Porzio saluta Trieste: «La città è in crescita. Ho vissuto il mare, meno i suoi salotti»
TRIESTE Allergica ai salotti, ma non alla gente. Amante anche della solitudine, tanto da alzarsi all’alba per montare su una canoa e vogare nel golfo triestino. Annapaola Porzio conclude il suo mandato da prefetto di Trieste il 4 febbraio dopo tre anni. La grande stanza nel palazzo del Governo, che si affaccia su piazza Unità, è sempre più vuota. Ma un video fatto con il suo cellulare le ricorderà a lungo questo ufficio. «Sono una nostalgica», ammette. Dopo il primo “choc” per la notizia inaspettata del trasferimento a nuovo incarico, ora ha metabolizzato. Il suo profilo probabilmente era quello giusto per ricoprire il posto di commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, a Roma. «Non c’entra la politica», assicura. Un ruolo che la porterà a viaggiare molto in giro per l’Italia, lasciando una città, Trieste, «che ha avuto un boom importante». Interromperà così diversi progetti che le stavano a cuore. Con la consapevolezza, sottolinea però, che chi verrà dopo di lei, il prefetto Valerio Valenti, dovrà fare i conti anche con la mafia.
Che cosa le mancherà di Trieste?
Tutto, e in particolare le persone, i collaboratori, i funzionari. La serenità di rapporti. Anche se torno a casa, a Roma, quindi non mi posso lamentare.
Questo nuovo incarico l’ha un po’ spiazzata?
Ho vissuto serenamente il cambiamento. Solo che avevo capito che non era questo il tempo di andarmene. È stato fatto tutto di fretta perché era urgente trovare due figure per ricoprire i ruoli di commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura e di direttore dell’Agenzia per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata.
Pensa che il suo profilo sia tagliato per questa posizione?
Penso di sì, ho fatto sei anni nel dipartimento di Pubblica sicurezza.
Quali sono i progetti che le dispiace lasciare?
Mi sarebbe piaciuto seguire la vicenda Esof 2020 e gli sviluppi di Porto vecchio. E continuare il dialogo con la Consulta studentesca, da cui sono venute fuori un sacco di idee.
Ad esempio?
Abbiamo fatto dei progetti. Alla mia domanda su che cosa si può fare per combattere la droga, i ragazzi hanno risposto che alla fine non ne possono più dei messaggi sulla droga che fa male, e che gradirebbero piuttosto iniziative a favore di uno sport più alla portata di tutti.
Programmi sull’immigrazione?
Dobbiamo applicare il decreto Sicurezza.
Quali sono i commenti a lei riferiti che più ha sentito in questi giorni?
In tanti mi dicono che ho avuto molto equilibrio. Mi piacerebbe essere ricordata anche per essere stata una persona che ha avuto davvero amore per la città.
Una città che ha avuto modo di conoscere anche nel tempo libero...
Sì, anche se ho frequentato poco i salotti, più il teatro, il cinema e il canottaggio: per un anno sono uscita in mare alle 6-6.30, ma non a livello agonistico, che qui invece è quasi obbligatorio! Stare in mezzo al mare mi piace.
Pensa di avere commesso qualche errore in questi tre anni?
Non credo, anche perché quando si fanno le cose con onestà, si capisce che l’errore, nel caso, non è stato fatto in malafede. Poi sono molto franca e sono capace ovviamente di tornare indietro.
Da quando si è insediata, a febbraio 2016, il clima politico è cambiato. Come l’ha vissuto?
Serenamente, perché il mio non è un ruolo politico. Ho continuato a fare le cose che dovevo fare. Non ho avuto ripercussioni. C’è stato sicuramente qualche momento più complicato ma la cosa poi è morta lì. La città è in grande ripresa. Mi auguro continui così.
Con le giunte Dipiazza e Fedriga è andata sempre d’accordo?
Assolutamente sì.
Mai un momento difficile durante il mandato?
No.
La mafia a Trieste è ancora percepita come un tabù?
La mafia c’è anche a Trieste, come capita altrove. Sono fatti però che non si vogliono conoscere: nella realtà c’è un’aria grigia che si presta per se stessa ad aprire la strada alla criminalità organizzata. Anche per la frontiera così vicina, e non solo per la criminalità organizzata, Trieste è un corridoio, nonostante la massima attenzione delle forze dell’ordine, che devo ringraziare perché con loro ho lavorato benissimo.
Parliamo di Balcani. C’è ancora molto da fare a livello di cooperazione?
Tantissimo. A questo tema ho lavorato molto ancor prima di arrivare qui.
Tra il ruolo di suo marito (il prefetto Mario Morcone, ndr) e la sua carriera è riuscita in questo periodo a vedere la famiglia?
Sì, ci siamo visti, sono venuti tante volte a trovarmi qui, hanno avuto molta pazienza. Poi i miei figli sono grandi e...anche mio marito!
Tornerà a Trieste?
Certamente. Anche se questa non è città di passaggio, è lontana. E poi raramente sono tornata nei luoghi in cui avevo lavorato.
E che cosa ne sarà della barca? Trasloca con lei?
Sì, infatti per il momento la lasciamo qui. —
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