Portorose, il casinò ipoteca gli immobili per evitare il crac

Serve subito una ricapitalizzazione da 10 milioni di euro Il Comune di Capodistria pronto a entrare nella società

TRIESTE. È il casinò storico per i triestini, parliamo di quello di Portorose, la casa da gioco che evoca notti trasgressive nel “proibizionismo” degli anni Settanta. Quando ancora c’era la Jugoslavia di Tito e dove i capitalisti occidentali andavano a sperperare denaro nella patria socialista, il tutto condito da simpatiche donnine allegre, rigorosamente socialiste anch’esse. E oggi, chi l’avrebbe mai detto, il casinò di Portorose rischia il fallimento. Le banche hanno già ipotecato tutti i beni immobili, le sale gioco a Portorose e a Lipica oltre ai terreni di Sezana. La situazione è «molto, ma molto seria», conferma il presidente della società che gestisce la casa da gioco, Andrej Bosnjak. La liquidità a breve termine, vista anche la stagione turistica in pieno svolgimento, non è un problema, le dolenti note giungono invece dalla solvibilità a lungo termine.

Davanti allo spettro dell’insolvenza ora gli organi amministrativi del casinò pensano a una ricapitalizzazione di circa 10 milioni di euro. «Senza la ricapitalizzazione - conferma Bosnjak - non si va da nessuna parte». O si trova presto il denaro o si dovrà pensare alla liquidazione dell’attività per arrivare al fallimento. Le banche (sono tre gli istituti creditori del casinò) potrebbero in ogni momento esigere il proprio denaro. Finora nessuna si è mossa proprio in attesa della ricapitalizzazione. Una crisi che si protrare da tempo. Già tre anni fa la società ha provveduto all’iniezione di 5 milioni di euro di denaro liquido, ha licenziato 140 addetti mentre nell’ultimo anno i 280 dipendenti superstiti hanno accettato di lavorare con un quinto dello stipendio in meno.

A fronte della crisi però il Casinò di Portorose resta un “boccone” ambito. E a farsi avanti per entrare a far parte della proprietà è stato il Comune di Capodistria per bocca del suo sindaco, il vulcanico Boris Popovic. Il quale vedrebbe di buon occhio addirittura il formarsi di una cordata dei comuni costieri e carsici per rilevare la proprietà della storica casa da gioco. Popovic ha convocato i rappresentanti sindacali degli addetti al casinò per ascoltare i loro problemi. Egli si è detto convinto che il comune saprebbe gestire molto meglio la casa da gioco, salvaguardando i posti di lavoro e assicurando il pagamento delle tasse allo Stato. Popovic ha altresì comunicato che ci sono ben tre società interessate a rilevare il Casinò di Portorose, due slovene e una estera.

Il Comune di Capodistria, comunque, non avrebbe intenzione di rilevare la quota di maggioranza, ma pensa concretamente di mettere a disposizione di un progetto di sviluppo l’area dell’ex Kemiplas su cui costruire un villaggio turistico con alberghi, case da gioco e welness.

Della situazione dell’”industria” del gioco d’azzardo sul Litorale parla a ruota libera Rajko Hrvatic il proprietario del casinò Carnevale a Scoffie. Gli ultimi anni, in effetti, sono stati di vacche magre per l’azzardo sloveno a causa dell’oramai obsoleta, a sua detta, legislazione nazionale sulle case da gioco e sul credito che non prende in considerazione le nuove necessità del settore dell’azzardo a livello europeo. Poi punta il dito sugli amministratori del Casinò di Portorose ai quali tempo fa ha offerto di procurare, a sua detta, gratuitamente nuovi clienti da portare nelle sale da gioco. L’unica risposta che si è sentito dare, racconta, è stata: «Ma tu che cosa ci guadagni?» E il discorso si è chiuso.

Ma Hrvatic è ancora più diretto. Il problema di Portorose, spiega, sono i dipendenti che guardano il cielo mentre i sindacati sono i veri e propri padroni del casinò.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:casinò

Riproduzione riservata © Il Piccolo