Portocittà: «Il punto franco inibisce l’accesso al pubblico in Porto vecchio»
«Oggetto impossibile». Questo era diventato per i soci di Portocittà il terreno vasto e difficile di Porto vecchio per il cui restauro complessivo, così da destinare 44 ettari ad attività non più portuali, ma «turistiche, economiche e culturali» (per ciò stesso rivolte al pubblico) avevano concorso al bando dell’Autorità portuale già nel 2008, vincendolo, e firmando la concessione di 70 anni nel novembre 2010. Una carta che oggi con un ricorso al Tar intendono farsi stracciare, «per nullità». Perché il Punto franco mai spostato «limita l’accesso del pubblico», con ciò non solo contraddicendo le previsioni di un Piano regolatore approvato già nel 2007 con queste diverse destinazioni “civili”, ma impedendo ai concessionari «la gestione economica dell’area attraverso la quale si sarebbero dovuti generare i flussi di cassa necessari per ammortizzare il capitale investito nella fase di riqualificazione».
Questi sono alcuni dei punti salienti del ricorso che Portocittà ha depositato al Tar del Friuli Venezia Giulia. Ieri i soci hanno pubblicamente spiegato perché si sono sentiti chiudere in un “cul de sac”: «È mancata la logica consequenzialità tra gli atti in precedenza approvati e la “liberazione” dell’area, col Punto franco il progetto non ottiene finanziamenti, anche la Banca d’investimenti europea si è tirata indietro...». I concessionari lo avevano detto più volte ma ancora l’altro giorno in Comitato portuale molti hanno espresso “incredulità” di fronte a questa motivazione, mentre l’Autorità portuale ha sostenuto che il Punto franco non è in alcun modo d’impedimento.
Ma Portocittà, con i suoi soci costruttori (Maltauro e Rizzani-de Eccher) e bancari (Sinloc, Banca Intesa e consociate) dopo due anni e mezzo è arrivata a conclusioni drammaticamente opposte e nel ricorso espone anche motivi giuridici che possano avvalorare la richiesta di “nullità” dell’atto concessorio: «È nullo per impossibilità giuridica dell’oggetto il contratto relativo a beni che per essere situati in una particolare zona possono avere solo una certa destinazione e non altra». A dimostrazione, la società cita il caso del Comune che ha dovuto rinunciare al trasferimento della Biblioteca civica, perché l’area è a rischio di chiusura al pubblico per il regime giuridico che vi persiste, e il caso dell’Icgeb, l’istituto scientifico che si occupa di biotecnologie e ingegneria genetica che ha tentato di trasferirsi nell’area, ma per gli stessi motivi ha dovuto rinunciare. Il ricorso lo esplicita: «Contrasto tra la tipologia di progetto da realizzare e la peculiare fattispecie giuridica interessante la zona».
Non conta che il Punto franco fosse cosa nota nel 2010, ma che nel tempo «l’impossibilità» diventi «assoluta e definitiva». E chiedendo la “nullità” del contratto, si vuole anche la restituzione dei canoni fin qui pagati. Nonché la rifusione delle spese sostenute: «ingiustificato arricchimento di un soggetto a danno di un altro», «diminuzione patrimoniale subìta dall’esecutore della prestazione resa in virtù del contratto invalido». Portocittà sostiene che i suoi progetti «accresceranno il patrimonio dell’amministrazione con conseguente depauperamento dei ricorrenti».
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