Porto vecchio, progetto in bilico fino a settembre
Chi parteggia per il Porto vecchio ricostruito e vede le cose mettersi in un pericoloso rallentatore si chiede perché non abbiano fretta di cominciare, i concessionari, viste le enormi cifre di diritti demaniali che hanno firmato, spese che (si pensa) corrono ancora prima di aprire l’ombra di un cantiere, in forza dell’atto di concessione per 70 anni di 435 mila 747 metri quadrati di terreno e 86 mila metri quadrati di specchi acquei. L’atto firmato il 25 novembre del 2010, e dunque esattamente due anni fa, prevede un canone di 1 milione e 787 mila euro all’anno per la prima fase, quella dei progressivi cantieri, con punto di caduta nel 2021. Da innalzare a 4 milioni e 396 mila euro all’anno per la fase 2, quando il comprensorio a regime sarà commercializzato e remunerativo, e fino a scadenza, nel 2080.
Paga adesso Portocittà quasi 1,8 milioni all’anno di concessione demaniale? Neanche per idea. Il testo della concessione, 68 pagine più allegati, rivela ciò che tutti gli interessati e coinvolti nella materia dicono di non sapere: quanto sborsa attualmente Portocittà che si è presa due-tre anni di tempo per pratiche amministrative, autorizzazioni, progetti di urbanizzazione, ricerca di investitori, e che adesso in piena crisi fa capire di non avere più neppure l’appoggio fondamentale delle banche?
Le clausole dicono che al canone di 1,8 milioni si arriverà quando le aree di Porto vecchio saranno state per intero “consegnate” ai concessionari, quota dopo quota secondo il cronoprogramma delle opere (rigidissimo e sottoposto a penalità), e quello definitivo di 4,4 milioni entrerà in applicazione solo fra molti anni, dopo il 2021, a opere completate e a collaudo effettuato. Nel frattempo, il concessionario paga secondo i canoni demaniali di tabella, con aumento annuale Istat, solo per i terreni, per i magazzini, per gli specchi acquei che gli sono stati “consegnati” dall’Autorità portuale. Ma una clausola ulteriore abbassa ancora la cifra. Siccome nella fase di cantiere (fino al 2021) non avrà introiti da attività commerciali, alla concessione si applicano - dice il testo - i cosiddetti “canoni minimi”, che secondo legge possono essere abbassati fino alla metà e anche di più. Non basta, perché anche il canone successivo, quello massimo, «sarà ulteriormente ridotto fino al 50% in considerazione degli investimenti effettuati». Tutto è, e sarà, scontato.
Ma nel 2010, per 1 mese e poco più, dal 25 novembre a fine dicembre, la società di costruttori e banche ha versato 30 mila euro per le aree già consegnate. In più ha dovuto provvedere a una cauzione di 5 milioni di euro, che è da aumentare col crescere dei lavori. E si è impegnata a un aumento di capitale della Portocittà, fino a costituire progressivamente un patrimonio netto di 20 milioni entro il 2020. Era di 2 milioni all’atto della firma, e il primo aumento ha uno “step” obbligatorio a 3 anni dalla firma, cioé nel 2013, e più che raddoppia la cifra (a 5 milioni).
I patti prevedono che se l’Autorità portuale dovesse dichiarare decaduta la concessione per causa del concessionario, la cauzione verrebbe incamerata in buona parte o del tutto. E se è il concessionario a cambiare idea? Secondo quanto firmato, Portocittà «ha facoltà di rinunciare alla concessione entro 36 mesi dalla sottoscrizione della stessa, con un preavviso di mesi tre», pagando non solo il canone fino a quel momento, ma una penale fissata nel triplo del canone stesso «per rinuncia anticipata». È dunque il 25 novembre 2013 la data limite per l’eventuale opzione di uscita. Anzi, è il 25 settembre 2013, data del preavviso.
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