Porto Vecchio, progetto fatto a pezzi da Paoletti

Monassi: «Bisogna farlo residenziale e più allegro». L'architetto Fraziano: «Una dismisura tra popolazione e un'area di 600 mila metri quadrati». Maltauro: «Noi vincolati da Prg e direttive»

TRIESTE. . Porto vecchio ha da ieri, salvo che tutti non preferiscano ignorare il suggerimento e la critica, un punto di vista drasticamente nuovo. Dice che allo stato attuale la sua «riapertura alla città» è solida come un castello di carte: spazio troppo enorme per una Trieste troppo piccola, incongruo di fronte a un Porto nuovo ridimensionato, riempito di troppo poche cose, privo di doppia accessibilità e continuità urbanistica e «motoria» da Barcola fino a Campo Marzio. La spallata ha un autore e un mandante, che ieri si sono offerti alla città con un convegno molto ben frequentato alla Stazione marittima, cui sono stati invitati a esprimersi tutti i candidati alla guida di Provincia e Comune, ma, prima ancora, la presidente dell'Autorità portuale, Marina Monassi (per la quale Porto vecchio deve diventare anche residenziale), Enrico Maltauro in rappresentana di Portocittà che ha vinto la concessione («siamo vincolati da un piano regolatore») e Pierluigi Maneschi (Greensisam, Evergreen Italia) che invece si è ben concentrato su economia e traffici: «Meglio parlare del porto nuovo e di merci e traffici, senza questi non arriva ricchezza».

Sotto il titolo «Trieste, le misure del possibile» la Confcommercio col presidente della Ccia Antonio Paoletti (affiancato dal presidente nazionale Carlo Sangalli) non solo ha messo in prima pagina il Pil che la categoria porta a Trieste («l'85,2%, un valore aggiunto di 5 miliardi e 658 milioni all'anno»), ma sopra ci ha messo Giovanni Fraziano, il preside di Architettura, a presentare in anteprima uno studio su Porto vecchio proprio da Confcommercio commissionato. Paoletti ha sempre fra i denti il Parco del mare, si capisce, ma non solo quello. E l'originale e spiazzante lezione di Fraziano lo ha dimostrato. Commercio e terziario esigono di più, non solo l'Acquario. «Di fronte a una città di 205 mila abitanti - ha dettato l'architetto - ci sono 600 mila metri quadrati di Porto vecchio, dentro ci starebbero 8 volte Rozzol Melara, 12 volte lo stadio Rocco, tutti i grandi acquari europei, o i principali monumenti di Berlino, Londra, Marsiglia, Roma, Parigi e Valencia, o 7 volte il Borgo teresiano, oppure il Colosseo coi fori imperiali, il Vaticano con via della Conciliazione, il Central Park di New York, un bel pezzo di piazza San Marco e centro storico veneziano. Se fosse costruito per l'equivalente di un unico piano da terra avrebbe 1 milione di metri cubi, non metabolizzabile dal mercato locale.

Esiste una dismisura - ha concluso - tra popolazione e Porto vecchio, tutti i progetti dal 1990 in qua lo hanno considerato solo in rapporto col tessuto cittadino, come contenitore aperto da una parte sola, un "cul de sac" che si rivolge alla città ed esclude il territorio. Bisogna pensare cosa metterci dentro. Il discorso fin qui è stato sterile, serve un nuovo approccio». L'immensa area, secondo l'architetto, dev'essere aperta, mettere in moto la vecchia ferrovia, includere dallo sport alle residenze, ai centri direzionali, alle piste ciclabili, e poi verde attrezzato, nautica, città della scienza, fiere. Anche con restauri minimi che rendano conservabili e di plurimo uso gli edifici dismessi. E soprattutto Trieste deve ricordarsi che, come fu storicamente, «non è la città che fa il porto, ma ben il contrario».

Anche Maneschi ha invocato «50 mila nuovi abitanti per Trieste, possibilmente giovani». Monassi ha introdotto una parola qui in disuso, «allegria», portando a esempio il waterfront di Capetown: «Un albergo di lusso, una "spa" da urlo, abitazioni, e fuori dalla finestra rimorchiatori, lì c'era la vita, non "tu ti metti là, e là stai seduto"». Ha detto che il Prg del porto realizzato dalla scomparsa Ondina Barduzzi «è stato molto peggiorato». Che Porto vecchio dev'essere anche «con coraggio» reso residenziale: «Con due porticcioli è attivo 3 mesi all'anno, e d'inverno? Un deserto dei Gobi». Ha aggiunto che «bisogna spronare i concessionari, tutti, con autorizzazioni e infrastrutture». Fraziano aveva chiuso lasciando tre possibilità: Porto vecchio come una Pompei. Oppure restaurato a basso impatto per agili funzioni plurime. Oppure aperto sulla direttrice Barcola-Campo Marzio, a fare del tutto una spiaggiona da sogno.

 

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