L’architetto di Chorus Life: «Porto Vecchio sarà un’estensione del centro di Trieste: cambierà volto ai moli e alla costa»

Di Pasquale, l’architetto che ha firmato il nuovo quartiere di Costim a Bergamo: «Il modello è replicabile. Si interverrà non tanto sui magazzini, ma sugli spazi esterni. Il waterfront sarà un luogo di incontro»

Francesco Codagnone
Il Porto Vecchio di Trieste fotografato da Massimo Silvano
Il Porto Vecchio di Trieste fotografato da Massimo Silvano

 

Porto Vecchio come un’estensione del centro città, con viali monumentali e piazze affacciate sul mare, percorsi pedonali e residenze moderne scavate negli antichi hangar. Joseph Di Pasquale è l’architetto che ha firmato il progetto di Chorus Life, il nuovo smart district inaugurato a Bergamo il 20 novembre scorso dai Bosatelli e sviluppato da Costim con un intervento da 500 milioni.

 

Da Bergamo al Porto Vecchio di Trieste: un giorno al Chorus Life, il modello di quartiere targato Costim
L’arena sul boulevard principale di Chorus Life, il nuovo quartiere sviluppato da Costim a Bergamo

 

«Chorus Life è un modello replicabile», afferma l’architetto. Ma, nel caso in cui Costim dovesse aggiudicarsi la gara, i suoi principi urbanistici e sociali dovranno adattarsi a un contesto del tutto diverso. Trieste non è Bergamo, e i magazzini vincolati del Porto Vecchio non sono i capannoni dismessi dell’ex area industriale Ote.

Joseph di Pasquale
Joseph di Pasquale

Sarà coinvolto nel project financing del Porto Vecchio?

«In questa fase la partita è portata avanti da Costim. Bisognerà attendere la gara e l’aggiudicazione. Di certo, quello che eventualmente ci sarà di mio in Porto Vecchio saranno i principi sviluppati per Chorus Life a Bergamo, che andranno adattati al contesto di Trieste».

Cosa la colpisce del Porto Vecchio?

«I suoi magazzini iconici, dall’enorme potenziale. E la sua posizione molto vicina al centro mitteleuropeo della città, di cui potrà diventare un’estensione, andando a “riaprire” un’area interclusa da anni, in parte isolata dalle ferrovie. Il concetto è quello di “città reticolare”, dove non esisterà più un solo centro urbano, ma tanti punti di attrattività».

Chorus Life è considerato il primo “smart district” d’Italia: cosa significa?

«La traduzione è “distretto intelligente”, dove tecnologia e architettura sono un mezzo per facilitare le relazioni tra persone. Gli spazi pubblici sono completamente pedonali, senza strade interne, per recuperare la dimensione dell’incontro dei centri storici. C’è poi la parte della produzione e gestione dell’energia, che punta all’autosufficienza e alla ridistribuzione delle risorse».

Porto Vecchio di Trieste, come sarà? Ecco i rendering

Tra le critiche mosse al progetto c’è quella dell’esclusività: Chorus Life è davvero per tutti, o solo per chi può permetterselo?

«L’inclusività è alla base del progetto. Chorus Life nasce e si sviluppa come un quartiere di cui tutti possono usufruire. L’accesso è libero, sono state realizzate passerelle ciclo-pedonali e una bretella di collegamento stradale».

I prezzi, però, non sono per tutti: fino a 2.400 euro al mese per un appartamento.

«I prezzi dipendono da vari fattori. Ma va ricordato che nel residence ci sono anche appartamenti con prezzi calmierati. L’arena è a disposizione del Comune per giorni convenzionati, stessa cosa i parcheggi».

 

L’intervento ha permesso di riqualificare l’ex Ote: che impatto ha avuto su quella zona di Bergamo bassa?

«L’area è tornata a riempirsi di relazioni. L’ex Ote era una zona industriale, sviluppata lungo l’asse delle ferrovie che un tempo drenavano la manodopera della val Seriana e della val Brembana, ma che poi sono state dismesse. Attorno a quelle fabbriche si sono sviluppate storie poi andate perdute. L’obiettivo era realizzare non solo una rigenerazione urbana, ma anche sociale. Chorus Life oggi è una zona di nuovo frequentata, ci sono persone che si fermano a mangiare o vi soggiornano. Potrà diventare il nuovo centro di un quartiere tornato a vivere».

La gestazione di Chorus Life ha visto vari slittamenti.

«In tutto sono stati necessari nove anni: tre di preparazione, tre di progettazione e tre di cantieri, durante i quali abbiamo affrontato la pandemia, la guerra in Ucraina e un riassetto di Costim. Il project del Porto Vecchio, immagino, sarà più rapido: tutta la parte di concezione è stata già sviluppata a Bergamo. Per Costim si tratterò di ottenere le autorizzazioni, adattare e replicare».

Trieste non è Bergamo: come dovrà adattarsi Chorus Life nello scalo triestino?

«I principi base saranno gli stessi: inclusività, accessibilità, sostenibilità. Non si andrà a intervenire tanto sui magazzini, che verranno conservati in quanto vincolati, quanto sugli spazi esterni. I viali, le aree verdi, i moli saranno elementi aperti, di socialità. Dovrà poi essere tenuta in considerazione l’identità di Trieste, tra Mediterraneo e Mitteleruopa: le scelte architettoniche dovranno essere coerenti».

Altra differenza è il mare, che a Bergamo manca. Come immagina i futuri moli del Porto Vecchio, qualora dovesse progettarli lei?

«Come luoghi di incontro, pedonali, aperti. Il watefront del Porto Vecchio dovrà diventare una destinazione per trascorrere il tempo libero e condividerlo con altre persone. Passeggiare, svagarsi, rilassarsi. Poi, le mie sono solo idee: bisognerà mettersi a progettare».—

 

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