Porto, spedizionieri in fuga a Capodistria

Gli operatori: «Tariffe troppo alte e controlli doganali eccessivi stanno spostando i traffici verso la Slovenia». Maneschi: «Noi qui perdiamo 5mila container al mese»
Di Silvio Maranzana
Lasorte Trieste 08/07/13 - Molo VII
Lasorte Trieste 08/07/13 - Molo VII

«Siamo stati noi i primi oltre vent’anni fa e, immancabile in questa città, si sollevò lo scandalo politico».

Così ricorda la prima apertura di un ufficio a Capodistria da parte di uno spedizioniere triestino, Roberto Pacorini, presidente e amministratore delegato di Parisi group. Oggi della trentina di società (venti triestine e dieci isontine e friulane) iscritte all’Astra, l’associazione che riunisce gli spedizionieri che operano in porto, quasi tutte hanno una società gemellata, un ufficio o almeno un corrispondente nel porto di Capodistria.

«Il traffico lo fanno gli spedizionieri e ne stanno spostando una buona fetta da Trieste a Capodistria», ha denunciato qualche giorno fa Pierluigi Maneschi che con Trieste marine terminal gestisce il Molo settimo, ma che da presidente di Italia Marittima manda le “sue” navi anche nello scalo vicino. «Noi a Trieste ultimamente perdiamo 5mila container al mese a vantaggio del porto sloveno», ha aggiunto il terminalista. Non intendeva dare alcuna “colpa” alla categoria, ma denunciare come la burocrazia farraginosa, gli orari ridotti, i controlli esasperanti, le tariffe più alte stiano giocando contro Trieste.

«Giusta considerazione nella sostanza - replica Ampelio Zanzottera, segretario dell’Astra - ma non è lo spedizioniere che decide da dove far passare il traffico, bensì il cliente. I Thc, cioé i Terminal handling charges (sarebbero i costi addebitati dai terminalisti alle compagnie e da queste applicati come tariffe agli spedizionieri) sono generalmente inferiori da un minimo di 50 a un massimo di 100 euro a container a Capodistria rispetto a Trieste».

«Che gli spedizionieri chiudano a Trieste per aprire a Capodistria non risulta - afferma Emanuele Lo Nigro, spedizioniere doganale di lunga data - ma che continuino a spostare in Slovenia quote di traffico lo si può constatare quotidianamente. Accade soprattutto a causa della burocrazia che oltre l’ex confine è molto più rapida e snella, ma in misura minore anche in virtù dei costi relativamente inferiori. Tendenza accentuata negli ultimi anni, una volta rodata l’appartenenza della Slovenia all’Unione europea. Chiaramente oggi si può fare dogana a Capodistria e si è liberi poi di girare tutta l’Unione europea, il che una decina di anni fa sarebbe stato impossibile».

Va considerato come il porto di Capodistria sia in forte crescita sia per quanto riguarda il traffico di container in cui sopravanza nettamente Trieste che per quel che concerne altre tipologie di traffici. «In conseguenza di ciò una serie di spedizionieri italiani, non triestini - aggiunge Lo Nigro - ha deciso di aprire un ufficio in Slovenia senza fare altrettanto a Trieste».

La Ro-ro tranship è stata fondata a Trieste nel 1977, ma nel 1999 ha aperto con altri soci minori una società gemella a Capodistria, la Visped. «Oggi - spiega Stefano Visintin, titolare dell’azienda, oltre che vicepresidente degli spedizionieri Astra - il traffico che curiamo è suddiviso in parti pressoché uguali, 50% e 50%, tra gli scali di Trieste e Capodistria. Inizialmente - continua - avevamo puntato su Capodistria per la presenza di ampi spazi coperti indispensabili per le spedizioni di legnami che sono la merce che noi maggiormente trattiamo. Ci hanno spinto in questa direzione anche i nostri clienti austriaci visto che è soprattutto da là che il legname proviene. Poi la maggior celerità delle pratiche burocratiche e i costi inferiori dei trasporti ferroviari ci hanno indotti a insistere sullo scalo della Slovenia».

«Sono stati soprattutto i più grossi spedizionieri internazionali - specifica Zanzottera - e in particolare quelli austriaci a spostarsi da Trieste alla Slovenia. Oggi, al contrario di quanto avveniva in passato, è Capodistria il porto dell’Austria. Qui da noi delle case più importanti è rimasta soltanto la Schenker. Per fortuna ultimamente a livello internazionel sembra di assistere a un rinnovato interesse per Trieste e per le facilitazioni consentite dal nostro regime di Punto Franco. Un paio di giorni fa - aggiunge Zanzottera - era in visita una delegazione da Lienz e in generale dall’Alta Austria composta da politici con lo stesso presidente del Land, banchieri, giornalisti, ignari anche del fatto che Rail cargo Austria serva anche il porto di Trieste. Un paio di mesi fa le opportunità offerte dallo scalo triestino sono state illustrate a Chiasso, anche in quell’occasione con la partecipazione di esponenti della finanza. La presenza delle banche è essenziale perché sono interessate a finanziare il merchant di caffé e metalli non ferrosi che da Trieste sono quotati in Borsa.

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