Porto, Monassi "incoronata" da Matteoli

Il ministro alle Infrastrutture propone alla Regione Marina Monassi per la presidenza dell’Autorità portuale di Trieste. Ora tocca a Tondo, che prende tempo
Marina Monassi
Marina Monassi
Altero Matteoli, nonostante la tempesta romana, non fa melina. Ma spedisce alla Regione, già nella mattinata di ieri, la lettera più attesa (e scottante): quella che vale la presidenza dell’Autorità portuale di Trieste ma, a cascata, mette a repentaglio gli equilibri già precari di un centrodestra alle prese con il rebus del futuro sindaco.


Il ministro alle Infrastrutture, pescando nella terna degli enti locali e rispettando le anticipazioni, propone infatti Marina Monassi. L’ex presidente dell’Autorità portuale. La camberiana di ferro ”spinta” dalla Camera di Commercio. E, mentre scarta Claudio Boniciolli e Roberto Dipiazza, i candidati di Provincia e Comune, chiede formalmente l’intesa: Renzo Tondo, come prevede la legge, deve concederla o negarla. E deve farlo entro trenta giorni.


Ma il presidente della Regione, almeno per ora, non si sbilancia. E prende tempo: «Confermo d’aver ricevuto la richiesta dell’intesa. Ho trenta giorni e intendo prendermi tutto il tempo necessario».

Non è una scelta semplice, e Tondo lo sa bene: si ritrova in mezzo alle beghe triestine del Pdl e dell’intero centrodestra. E, comunque decida, scontenta qualcuno: il patto ”impossibile” - giacché dovrebbe mettere d’accordo non solo Giulio Camber e Roberto Antonione, ma anche Roberto Menia e il sindaco uscente (vicini come non mai di questi tempi), blindando il porto e il Comune - non c’è. O, se anche c’è, non accontenta tutti: «Verissimo. Ma quel patto va siglato in fretta perché rischiamo il disastro...» sussurrano, a Palazzo, gli amici del presidente.


Facile a dirsi, sinora impossibile a farsi. La lettera di Matteoli, seppur prevista giacché Boniciolli scade il 4 dicembre, innesca tuttavia il countdown. E fa esplodere le divisioni. «Nei giorni scorsi, con grande sorpresa, ho letto di un accordo spartitorio. Ora Matteoli chiede l’intesa a Tondo sulla Monassi? Prendo atto, ma io non c’entro affatto» afferma, a caldo, Menia. E aggiunge: «Evidentemente, siccome mi sono dimesso dal governo, costoro ritengono che non sia più necessario chiedere il mio parere. Legittimo, per carità, così come è legittimo che io ne tragga le conseguenze».


Basta? Macché. Il leader finiano, manifestando la contrarietà alla nomina della Monassi, si spinge oltre. E, mentre smentisce un accordo raggiunto, denuncia semmai un accordo tradito: «Ricordo a me stesso e a tutti quelli che occupano i vertici del Pdl e che ora faranno finta di cadere dalle nuvole che c’era un impegno non pubblico, ma conosciuto al presidente della Regione e a tutti noi, finalizzato ad indicare alla presidenza dell’Autorità portuale il sindaco uscente di Trieste. E non certo perché Dipiazza abbia bisogno di un lavoro ma perché, dopo aver fatto crescere la città negli ultimi dieci anni in connessione con il porto e con le istituzioni, avrebbe potuto proseguire al meglio la sua azione».

Il segnale è inequivocabile, anche in vista delle amministrative. E non a caso, con Debora Serracchiani, il centrosinistra infierisce sulle altrui divisioni: «La segnalazione della Monassi non è una sorpresa perché la macchina degli accordi si era messa in moto da tempo. Ma ora sarà interessante vedere come si pronuncerà la Regione». Aspettando Tondo, però, un’altra partita si gioca attorno al porto (e al futuro di Trieste). Ed è quella del progetto Unicredit: il colosso bancario, a metà dicembre, presenta il ”superporto”. Ma chiede, e non da ieri, un ”supercommissario” ad hoc: Palazzo Chigi, raccontano a Roma, ha già scritto la norma, anche se deve vedersela con le resistenze di Giulio Tremonti. Ma quel posto ”cruciale”, dove più d’uno vedrebbe benissimo Massimo Schintu, segretario generale di Aiscat, aiuterà a trovare la quadra impossibile o innescherà una battaglia ancor più cruenta?


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