Porto di Trieste, le mani sulla bonifica
Un grimaldello politico per entrare nel porto di Trieste. Per metterci le mani e poi puntare al business della bonifica collegata alla piattafoma logistica: un affare da decine di milioni di euro. A questo doveva servire la partecipazione “pilotata” al bando per il collaudo della piattaforma stessa emesso dall’Autorità portuale.
Queste almeno erano le intenzioni dei sei indagati per questo filone triestino dell’indagine-terremoto che ha portato alle dimissioni del ministro Maurizio Lupi: Stefano Saglia, ex Pdl e Ncd e ex sottosegretario al ministero per lo sviluppo economico, Rocco Girlanda, ex Pdl, già sottosegretario al ministero delle Infrastrutture nel governo Letta e segretario del Cipe, e poi consigliere dell’ex ministro Maurizio Lupi; il superburocrate Ettore Incalza; gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo; e infine Francesco Loffredo.
Il progetto dei burattinai emerge chiaramente da una telefonata intercettata dai carabinieri del Ros. A parlare sono Perotti, l’ingegnere pigliatutto in fatto di appalti pubblici, quello che ha regalato il Rolex da 10mila euro al figlio di Lupi; e Francesco Loffredo, l’ingegnere che appunto sarebbe dovuto diventare uno dei membri della commissione di collaudo che l’Authority stava cercando tramite avviso pubblico. La sua presenza - traspare dalle parole di Perotti intercettate dal Ros - avrebbe permesso alla cricca di “mettere piede” a Trieste. Pronta per affari ben più remunerativi.
È il 24 luglio 2014. Dice Perotti al telefono con Loffredo: «...Poi facciamo qualcosa insieme... se ci sono attività che possiamo dividerci... insomma... ma la cosa che mi interessa... perché io sto seguendo un’altra cosa interessante lì sulla piattaforma logistica ... sulla parte logistica... dove c'è un accordo di programma per la bonifica di un'area ... quindi poi stando là diventa tutto più semplice insomma... perché quella lì è più complessa...». Parole chiare. «Qui il committente è l'Autorità portuale?», chiede Loffredo. «In questo caso è l'Autorità, nell'altro caso invece c'è un concessionario individuato attraverso un accordo di programma...», spiega Perotti. Loffredo: «Ho capito, va bene. Se mi fai mandare questa roba io domani stesso posso risponderti...». Questa roba altro non è che il pizzino. Un biglietto con un nome indicato da consegnare a poi a Girlanda. Il nome è appunto quello di Loffredo.
Ma dalle intercettazioni emerge anche un altro episodio. Sono le 16.59 del primo agosto 2014. Sull’account intercettato in uso a Francesco Cavallo perviene una e-mail di Stefano Saglia. Oggetto: «Trieste Lupi». L’allegato è un articolo del Piccolo apparso quello stesso stesso giorno. Il titolo è «La poltrona di Monassi frena la riforma - Secondo indiscrezioni il ministro Lupi continua ad appoggiare la presidente triestina. Niente più terne, nomina diretta». Il testo della e-mail scritta dall’ex sottosegretario e inviata a Cavallo è chiarissimo: «Guarda che bella propaganda per Lupi. Questa lo porterà nei guai».
Intanto la bufera sul capitolo della piattaforma logistica si è ulteriormente estesa. Tiziana Spedicato, il neo procuratore della Corte dei conti, ha aperto un fascicolo per verificare se accanto ai reati ipotizzati dai pm di Firenze possano anche esserci responsabilità contabili. «Nei prossimi giorni - ha annunciato - disporrò l’acquisizione degli atti da parte della procura di Firenze e anche della documentazione dell’Autorità relativa al bando». L’ipotesi è quella di verificare se dietro ai comportamenti penalmente rilevanti possa anche sussistere una forma di danno erariale.
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