«Portami della malta», ma era cocaina
TRIESTE Al telefono parlavano di metrature d’immobili e quantitativi di malta. Quando invece arrivava il momento di incontrarsi per lo scambio, il registro cambiava e dal rifornimento di materiali edili si passava alla stesura di fantomatici “contratti”, dei quali in seguito si sarebbero perfino commentate le caratteristiche a seconda degli effetti, graditi o meno. Ma invece si trattava di droga, solo e soltanto cocaina.
I diversi interlocutori, cliente e fornitore, intercettati da Polizia e Carabinieri in oltre un anno e mezzo di indagini (dal 2010 al 2011), avevano pensato di criptare lo stupefacente parlando di calce e cazzuola, perché di mezzo - in questa storiaccia che coinvolge anche una dozzina di consumatori tra Monfalcone e Grado, alcuni dei quali potrebbero essere in futuro chiamati a testimoniare in sede giudiziaria, a Milano - c’erano titolari di ditte artigiane ed edili, spesso individuali, attive nel settore immobiliare. Alcune, nel frattempo, si sono estinte. Non mancavano, sempre tra gli acquirenti locali, professionisti attivi nel settore della tappezzeria o dell’allestimento di barche. In ogni caso piccoli imprenditori, con una certa disponibilità economica (c’era anche chi guidava un Q5 all’epoca dei fatti), vestiti griffati. Tutti uomini. Alcuni anche con famiglia. Uniti dalla passione sfrenata per la polvere bianca.
Sono i primi particolari a trapelare dopo la conferenza stampa tenuta dalle forze dell’ordine a Gorizia, mercoledì, sulla maxi-indagine che ha portato all’esecuzione di decine di misure cautelari nell’ambito di una vasta operazione antidroga che ha coinvolto, oltre alla nostra regione con l’Isontino, anche la Lombardia. Un’attività investigativa complessa, che si è avvalsa dell’uso di intercettazioni ambientali e pedinamenti, proseguito per mesi.
I clienti locali, in alcuni casi segnalati alla Prefettura quali assuntori, in altri - quelli in cui il consumo è stato immediato e per non compromettere l’esito della delicata indagine non si è potuto direttamente intervenire - lasciati andare, non sono giovanissimi. Uomini tra i 40 e i 45 anni d’età, ritratti nei video girati dalle forze dell’ordine in giacca e camicia bianca. Il più giovane, un 35enne. «C’era anche - riferisce il capitano Daniele Panighello, comandante dei Carabinieri di Monfalcone - il figlio di un imprenditore, quella volta residente in città, poi trasferito in altra regione, che figurava dipendente dell’attività del padre, ma in realtà si occupava ben poco degli affari di famiglia dedicandosi al consumo di sostanza». I più vari, i luoghi dove avveniva lo scambio di denaro e cocaina. In un caso, anche «fuori da un esercizio sulla Sr14», in via Valentinis. Ma i locali, in ogni caso, «erano solo funzionali all’appuntamento», come precisa Panighello (sopra nella foto piccola). Quanto al linguaggio in codice usato, «la grammatura di cocaina veniva astrattamente misurata in metri quadrati, alludendo a immobili». Ma le case, in questa storia, non c’entravano nulla.
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