Pordenone, Giosuè ripreso sul luogo dell’agguato
PORDENONE. Giosuè Ruotolo, al volante della sua Audi A3 grigia, lascia il parcheggio di via Interna circa un minuto dopo il duplice omicidio di Teresa Costanza e Trifone Ragone. La telecamera 14-bis, in corrispondenza dell’incrocio fra via Interna e via Gramsci lo immortala 2 minuti e 24 secondi dopo l’esplosione degli spari.
A smascherare l’esperto di informatica è stata la tecnologia: intercettazioni, telecamere e software speciali che hanno fatto affiorare dall’iPhone di Teresa Costanza la chat dell’anonimo stalker.
Ma l’indizio più grave a carico di Ruotolo resta la sua presenza sulla scena del crimine all’ora precisa del delitto: una permanenza di quasi mezz’ora – e non gli otto minuti riferiti dal 26enne di Somma Vesuviana ai pm sotto interrogatorio – che agli occhi della Procura e del gip non può essere giustificata altrimenti che da un appostamento per tendere l’agguato alla coppia di fidanzati.
Ruotolo non sapeva a che ora sarebbero usciti dalla palestra. Giocoforza, è arrivato in anticipo e li ha attesi. Come mai, altrimenti, mentre sostava nel parcheggio, sul lato di via Amendola, a otto metri e 22 centimetri dalla Suzuki alto dei due fidanzati, in piena vista di fronte ai suoi occhi, non ha visto arrivare l’assassino, che, pure, avrebbe dovuto passargli di fronte, visto che ha colpito Trifone alle spalle?
Se non è il killer, allora è testimone oculare del delitto. Eppure Giosuè, anche quando finalmente ammette di essere stato lì quella sera, non ha visto nulla ed è l’unico a non aver sentito gli spari. Sostiene di aver aspettato che si liberasse un parcheggio: una mezza dozzina di testimoni, invece, trova uno stallo di sosta libero, mentre lui aspetta.
Non ci piove nemmeno sul fatto che in quel parcheggio abbia trascorso mezz’ora. Lo dimostrano i riscontri investigativi sulle telecamere di sorveglianza incrociati con la certosina ricostruzione fatta attraverso i racconti dei testimoni. La telecamera all’incrocio fra via Gramsci e via Interna riprende l’Audi A3 alle 19.19 mentre è diretta al palasport.
La stessa telecamera immortala l’automobile di Ruotolo –riconoscibile dai cerchioni in lega, dal pupazzetto sul cruscotto e dallo stop sinistro bruciato – alle 19.50-19.51 mentre si dirige verso il centro.
Per allontanarsi dalla scena del crimine, però, il 26enne militare sceglie un tragitto tortuoso, che percorre, secondo i riscontri investigativi, in 1 minuto e 32 secondi. Prende via Amendola, poi svolta in via fratelli Rosselli, quindi all’incrocio gira a destra, imbocca via Turati e sbuca nuovamente fuori in via Interna.
Passa sotto gli occhi elettronici di via Gramsci venti secondi prima del runner, che si sta allenando intorno il palazzetto. Il podista si avvia su via Amendola, quando è a novanta metri di distanza dal parcheggio, sente gli spari. Da qui percorre altri 420 metri, facendo un semicerchio e ritornando in via Interna.
I carabinieri sono riusciti a ricostruire, attraverso una simulazione, le tempistiche precise, con un margine di approssimazione di una manciata di secondi. A seconda dell’andatura, il runner può aver impiegato, dal parcheggio, dove vede Teresa e Trifone uscire dalla palestra con il pesista, fino alla telecamera di via Gramsci 2 minuti e 44 secondi o 3 minuti e 5 secondi.
Ovvero, quando il runner passa davanti alla telecamera, il delitto è stato commesso circa tre minuti prima. Giosuè Ruotolo è stato beffato, dunque, dalle telecamere. Quelle di cui rideva, con due amici, in un’intercettazione sulla sua auto del 25 maggio del 2015.
Ironizza sull’inutilità delle telecamere installate sul palazzetto: sa perfettamente che non funzionano, sono solamente decorative e non coprono l’area esterna della struttura.
Eppure nelle sue dichiarazioni successive dirà, invece, agli inquirenti che aveva scelto di parcheggiare sul lato di via Amendola perché era più sicuro, visto che c’erano le telecamere, e che non si era fatto avanti prima, fra le varie giustificazioni, perché riteneva che il colpevole sarebbe stato sicuramente incastrato proprio dagli occhi elettronici.
È il riflesso della freccia che lampeggia sull’asfalto, poco prima dell’Auditorium Concordia, a far capire ai carabinieri del Nucleo investigativo che Ruotolo, dopo l’agguato al palasport, si ferma nel parcheggio nelle vicinanze del parco di San Valentino.
Anche in questo caso la sosta di sette minuti – il buco temporale fatale – è compatibile con i tempi per raggiungere la zona del laghetto e disfarsi della pistola. È quanto stabilisce una perizia affidata a un ingegnere da parte della Procura di Pordenone e che fa parte della documentazione in base alla quale il Gip ha disposto l’arresto del militare campano.
Inanto, si è saputo che è stato fissato per lunedì mattina alle 9, in Tribunale a Pordenone, l'interrogatorio di garanzia di Rosaria Patrone, la studentessa di 24 anni di Somma Vesuviana (Napoli) accusata di favoreggiamento nei confronti del fidanzato Giosuè Ruotolo e per questo è sottoposta agli arresti domiciliari da lunedì sera. A rendere noto l'appuntamento è stato il difensore della donna, l'avvocato Costantino Catapano, il quale ha anche respinto ogni addebito per la propria assistita e ha annunciato eventuale ricorso al Tribunale del riesame di Trieste.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo