Pordenone al voto per la “mini Provincia”

Presidente e consiglieri scelti solo dagli 800 amministratori locali. Oggi urne aperte, in corsa nove liste e 83 candidati
Claudio Pedrotti
Claudio Pedrotti

TRIESTE. Nel suo piccolo, un evento. La Provincia di Pordenone verrà eletta per la prima volta nella sua storia come ente di secondo grado. Di fatto, un’assemblea formata da sindaci e consiglieri comunali già in carica. È il primo passo verso il superamento delle Province in regione.

Quella di Pordenone, novantatreesima italiana, quarta e ultima in Friuli Venezia Giulia, nacque nel 1968. Dopo 46 anni, dunque, cambia la storia. L’elezione odierna si svolgerà secondo la nuova disciplina introdotta dalla legge regionale 2/2014 che prevede la costituzione di un organismo di secondo grado da parte degli amministratori comunali, con la successiva nomina del presidente della Provincia e della giunta (il tetto massimo è di due assessori) nel corso della prima seduta. Gli elettori sono non più delle circa 800 persone che svolgono il mestiere di sindaci, assessori e consiglieri comunali nei 51 Comuni della Destra Tagliamento. Sono chiamati, nella sola giornata di oggi, a recarsi alle urne dalle 8 alle 18 (i risultati dovrebbero essere resi noti in tempo brevi) nell’Ufficio elettorale provinciale nella sala consiliare della Provincia in largo San Giorgio nel capoluogo.

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Elezioni al seggio

A loro disposizione un voto di lista e fino a due preferenze (con l’obbligo, in questo caso, di genere diverso) per eleggere un’assise composta da 26 consiglieri (che verranno ricompensati solo con il rimborso spese). In corsa ci sono 9 liste e 83 candidati tra sindaci e consiglieri comunali in carica. Le schede, è un’altra curiosità del voto, saranno di colore diverso a seconda della fascia di popolazione rappresentata dall’elettorato attivo. La legge prevede inoltro il sistema ponderale ovvero un peso diverso a seconda che l’elettore rappresenti un Comune molto abitato (a Pordenone il voto vale 0,45) piuttosto che uno piccolo. Secondo i calcoli il consigliere della città che aspira a entrare nell’assemblea provinciale dovrà ottenere non meno di sette preferenze.

La sfida è naturalmente anche politica. Nell’area di centrosinistra si presentano il Partito democratico, il Coordinamento delle liste civiche (che raccoglie, tra le altre, i “Cittadini per il presidente” e le pordenonesi “Il Fiume”, il “Ponte” e “Vivo Pordenone”), la lista “Per i beni comuni pubblici: acqua, cultura, scuola, lavoro, rifiuti zero, trasporti e ambiente” (espressione della sinistra, un mix di Sel e Rifondazione comunista). Mentre il centrodestra si divide in sei raggruppamenti: Forza Italia e Lega Nord sono gli unici che si presentano con il proprio simbolo, si aggiungono “Civica costituente popolare” (che fa riferimento al Nuovo centrodestra), “La provincia il nostro territorio” (Fratelli d'Italia), “Provincia civica, dalla parte del cittadino” (capolista l’ex forzista Giuseppe Pedicini) e “Uniti al centro”, una nuova versione dell’Udc.

È già possibile sin d’ora ipotizzare il presidente della “mini” Provincia di Pordenone. Il Pd punta sul sindaco Claudio Pedrotti (capolista dem, il favorito) sperando di non dover pagare dazio, oltre che alle civiche che si sono messe in squadra, al gioco delle correnti. Tra i “nemici” del primo cittadino pordenonese ci sono alcuni democratici che non hanno gradito le aperture sulle registrazioni dei matrimoni gay e i bersaniani che potrebbero guardare altrove, in particolar modo al sindaco di San Vito al Tagliamento Antonio Di Bisceglie.

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Toghe appese in un palazzo di giustizia

Al voto di oggi si arriva dopo un duro contenzioso giudiziario che ha visto l’uscente Alessandro Ciriani battersi fino all’ultimo per contestare la legittimità del percorso voluto dalla giunta Serracchiani e approvato dal Consiglio regionale lo scorso febbraio.

L’esponente della destra si è visto dare inizialmente ragione dal Tar Fvg, ma il Consiglio di Stato, a inizio settimana, ha cancellato la sospensione delle elezioni e restituito alla Regione il potere di chiamare gli elettori alle urne. Tutta un’altra partita quella del giudizio di merito sulla Lr 2/2014. Sarà la Corte costituzionale, tra qualche mese, a dare il suo verdetto.

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