Ponziana-Chiarbola: quel campo di calcio fantasma nel rione che trabocca di vita

Giorgio Ferrini, bandiera del Torino che negli anni Cinquanta indossò la gloriosa casacca dei veltri del Ponziana, intraprese una carriera elegantissima che lo portò fino ai mondiali di calcio di Cile 1962. Chissà quali pensieri lo toccherebbero oggi se vedesse lo stato di abbadono in cui versa lo stadio a lui intitolato. Vi si entra facilmente, visto che nella recinzione è stato aperto un varco che si oltrepassa senza fatica. Sul muro di cinta è rimasto solamente uno striscione del torneo internazionale di calcio che un tempo animava questo rettangolo verde. La porta vicino agli spogliatoi “ospita” due manichini e un carrello della spesa. L’entrata sul retro è chiusa da catena e lucchetto anche se le vetrate sono in frantumi. All'interno del corridoio principale si trovano un giubbotto, qualche bottiglia, un degrado fino a poco tempo fa inimmaginabile. Si trovano stampanti accatastate, cartelloni pubblicitari piegati e palloni bucati. No, Giorgio non ne sarebbe orgoglioso.
Il rione si è sempre identificato con la squadra. Il Ponziana come lo conoscevano i ponzianini doc - sempre meno - non esiste più. Quella società in grado di produrre, sotto la guida di maestri come Covacich e Jaksetich, di giocatori del calibro di Galeone, Cudicini, Monticolo, Mammì, Frontali, Florio, Venturini, Muiesan, Ghersetich e del compianto Furio Flora. Tuttavia un flebile lumicino di speranza c’è, visto che grazie alla fusione con il Chiarbola il nome è riapparso nelle cronache sportive.
Oggi davanti al bar Ponziana si ritrovano Germano, Bruno e Gianpaolo, tre amici che ricordano con affetto e un po’ di nostalgia i tempi in cui il rione era legato a doppio filo con lo sport più bello del mondo. L’edicola di Germano ha rappresentato per decenni un punto di riferimento importante per il quartiere. Gabriella, dietro al bancone del bar per 25 anni, racconta che «il rione è aperto, con gente di buon cuore». La rotonda ospita la farmacia ai Gemelli. Bianca Maria ne è la titolare. «Andiamo avanti con lo spirito di chi vuole offrire un buon servizio. Non si sta male però».
Il rione è molto popolare, e se ci fosse qualcosa da modificare probabilmente risponderebbe ad un auspicabile e maggiore potere di acquisto da “regalare” alle persone. Buona parte dei complessi abitativi oggi sono Ater, costruiti prima e dopo la Seconda guerra mondiale. «La parte alta veniva chiamata Littorio, costruita dal regime fascista», racconta Mario che sta portando a passeggio il cane nei pressi del ponte. Dall’altra parte della strada un giardino è abbandonato. Gli steccati con cui la signora Susanna - di cui non si hanno notizie da un po’ - aveva delimitato le diverse aree e i piccoli sentieri sono stati distrutti, su alcune piante si trovano ancora le indicazioni botaniche e il pannello informativo sparito. Comunque sembra che il Comune si stia adoperando per trovare una soluzione.
Sopra il ponte si trova da 15 anni la Casa delle culture. La giunta comunale vorrebbe riassegnare questo spazio, regolarmente gestito dall’associazione YaBasta, che rappresenta uno storico punto di aggregazione per i giovani non solo del quartiere.
La saggezza trova riparo al Circolo bocciofilo Ponzianina intitolato a Renato Cinerari, fondato nel 1962. Rosella è la vicepresidente. «Abbiamo una trentina di atleti e più di 80 soci. Partecipiamo alle gare regionali e abbiamo anche i Silenziosi, un gruppo di atleti sordomuti che fanno parte del circolo. Purtroppo non sono molti i giovani che si avvicinano alla nostra realtà».
In via Lorenzetti emerge con orgoglio il lavoro del progetto Habitat-Microarea, che in una reale e funzionale collaborazione con il Comune di Trieste, l’Azienda Sanitaria e la Cooperativa La Quercia, porta avanti integrazione, aggregazione e socialità che fungono da modello.
A Trieste sono quasi ottomila le persone coinvolte in questo progetto. Monica, referente per la Microarea infila una dietro l’altra le innumerevoli e meritorie attività che qui vengono svolte. «Con il Servizio educativo del Comune lavoriamo benissimo su tutti i fronti. Il doposcuola, giunto al settimo anno, ne è un esempio. Tre giorni a settimana facciamo anche il pranzo sociale, nella collaborazione con l’Ics rientra anche il volontariato dei richiedenti asilo che fanno ripetizioni di inglese ai bambini. Il sabato distribuiamo verdure agli abitanti del rione, e due giorni a settimana invece è il turno del pane invenduto che Zenzero e Cannella ci regala. C’è anche il gruppo degli Alcolisti anonimi, un corso di computer e moltissime altre iniziative».
Francesca fa l’assistente sociale e spiega «quanto importante sia per il Comune essere presenti sul territorio per aiutare le persone più bisognose, che in questo rione sono circa 1.600». Lo sportello Ater viene gestito da La Quercia. Alessandra spiega che «funziona da punto di ascolto per raccogliere le esigenze particolari di chi vive all’interno dei complessi edilizi nei quali lavoriamo». I volontari rappresentano poi le anime di questo progetto. Gianni e Federico - per citarne due - sono gli angeli di questa realtà, che è stata raccontata anche in un suggestivo documentario dal titolo Babylon System, presentato al Trieste Film Festival di quest’anno.
Da Ponziana a Chiarbola il passo è breve. Dopo la scuola Svevo si trovano i resti di quella “vecia pompa de benzina” cantata da Toni Bruna nel suo capolavoro “Bajamonti” e che dovrebbe riaprire i battenti il 10 marzo. Chiarbola è anche luogo di sport, con quel palazzetto che rimpiange ancora la mancata epifania del miracolo cestistico targato Stefanel. Ricky vive a New York da qualche anno ma affonda le sue radici qui. «Ho passato pomeriggi interi a giocare in oratorio assieme a Gianmarco Pozzecco» racconta mentre guarda con affetto il campetto intitolato alla memoria di don Dario.
La toponomastica di quartiere porta nomi di località istriane. «Eravamo veramente tanti» racconta Tullio da Verteneglio, titolare del bar Paolo, attività da lui avviata il 15 febbraio del 1958. «Ricordo ancora quando qui davanti passava il tram numero 2 e la strada si chiamava ancora passeggio Sant’Andrea». Sulla via Svevo il profumo della pescheria Baldini si sente da 43 anni. Manuele, Cinzia, Roberto e Ariella mandano avanti questo specchio di mare con entusiasmo. A pochi passi da qui si trova la casa dove abitò Italo Svevo. Se potesse tornare in vita, scriverebbe mai un romanzo ambientato tra Chiarbola e Ponziana? Una cosa è sicura: la gente del rione, fiera, lo divorerebbe.
Bonus:
(8 - continua. Le precedenti puntate sono uscite il 20, il 18, l’11, il 7 e il 3 febbraio, e il 27e il 29gennaio)
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