Ponterosso Park, la lunga guerra Riccesi-Comune arriva in Tribunale

L’impresa chiede 3,5 milioni come risarcimento danni per la mancata costruzione dell’opera e delle alternative

TRIESTE Niente da fare, non c’è stato verso di chiuderla con una cordiale stretta di mano. Il mancato parcheggio di Ponterosso ha attraversato cinque giunte e tre sindaci (Illy, Dipiazza, Cosolini) senza trovare pace.

Riccesi-contro-Comune, un lungometraggio che dura da quasi vent’anni, avrà come palcoscenico della recita finale il Tribunale di Trieste, al quale Costruzioni generali giuliane (Cogg, già Riccesi spa) si è rivolto per strappare al Municipio 3 milioni 523 mila euro, a doppio titolo di danno emergente e lucro cessante. Il Comune, con la recente delibera 456 proposta dall’assessore Elisa Lodi, ha risposto picche e si è costituito in giudizio, dove sarà patrocinato dall’avvocato udinese Antonio Sette, dal ricco curriculum di manager pubblico alle spalle (Comuni di Udine, Crema, Pistoia, Provincia di Firenze), arruolato con 41.236 euro Iva compresa. La somma, richiesta dai Riccesi, risale a una nota unilaterale del 22 febbraio 2006, una pretesa che la delibera ritiene «del tutto apodittica e infondata».

Per comprendere le remote e complicate cause di questa “guerra dei 19 anni”, bisogna però ingranare la retromarcia e guidare fino al 27 dicembre 1999, quando la seconda giunta Illy approvò il parcheggio privato di Ponterosso, di cui sarebbe stata realizzatrice la Società edile adriatica. A tale società subentrò ben presto Riccesi, che però fece poca strada in quanto il neo-sindaco Roberto Dipiazza, a fronte di numerose resistenze (circoscrizione, residenti), bloccò il progetto.

Il primo cittadino non potè però evitare di trovare un aggiustamento con l’azienda rimasta a bocca asciutta, così nel marzo 2006 i 689 posti previsti in Ponterosso furono scambiati con 476 stalli diluiti tra Teatro Romano (250), via Tigor-Cereria (106), largo Roiano (120). Dal punto di vista tecnico si trattò di una transazione novativa.

Ma anche questo secondo capitolo non ebbe felice esito. Tra ostacoli archeologici e scarsa appetibilità dei siti, l’agreement restò sulla carta. Ancora verifiche, sopralluoghi, indagini per approdare nella primavera 2015 alla terza parte della narrazione, cioè il “tentativo Dapretto”, dal nome dell’assessore ai Lavori Pubblici di era cosoliniana che cercò l’ennesimo accordo tra le parti. La soluzione sembrò trovarsi in piazza Foraggi, con 132 posti-auto coperti/scoperti, ai quali il Comune avrebbe aggiunto una somma pari a 2 milioni 571 mila euro a titolo di indennizzo, da pagarsi entro il 30 giugno 2015. In verità questa proposta piacque subito poco: non piacque all’allora opposizione, non piacque a una parte della dirigenza, non piacque ai consiglieri comunali che trovarono varie spiegazioni per evitare il voto.

Allora Cosolini ritirò la delibera, nominò una commissione tecnica formata dall’allora segretario generale Falabella, dai dirigenti Enrico Conte e Giovanni Svara (non più in organico), da un funzionario dell’ufficio legale, con l’obiettivo di fare chiarezza su quei 3,5 milioni originariamente chiesti da Riccesi. La pretesa si sgonfiò a 523 mila euro, perché i tecnici del Municipio ritennero documentabile un danno emergente di 523 mila euro ma non altrettanto plausibile un lucro cessante da 3 milioni. Siamo nell’autunno 2015 e da allora, perlomeno per le vie ufficiali, del dossier Ponterosso-parking non si seppe più alcunché.

Dopo quasi un triennio il caso riesplode. Come in premessa, il 7 giugno 2018 la Cogg, con sede in piazza San Giovanni, notifica al Comune un atto di citazione con cui pretende dallo stesso quegli antichi 3,5 milioni indicati fin dal febbraio 2006 quale propria spettanza. Pochi giorni prima, con decreto del 18 maggio comunicato il 22 successivo, la sezione fallimentare del Tribunale triestino aveva ammesso la Cogg alla procedura di concordato preventivo, avendo nominato giudice delegato Riccardo Merluzzi e commissario giudiziale l’avvocato Enrico Guglielmucci. —


 

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