Poca legna per i forni: le pizzerie di Trieste alle prese con gli effetti della guerra in Ucraina

Il conflitto in corso in Ucraina ha reso complicati i rifornimenti di faggio dai paesi dell’Est. E l’aumento dei prezzi delle materie prime rischia ora di innescare ritocchi nei listini dei locali

Laura Tonero

TRIESTE Il conflitto bellico in Ucraina rischia di spegnere anche i forni delle pizzerie. Senza contare che il rincaro delle materie prime e delle bollette spingono all’insù il costo della Margherita piuttosto che della Capricciosa.

Le importazioni di legno dai paesi dell’Est Europa scarseggiano, e chi «anche in regione vende legna all’ingrosso preferisce destinarla alle grosse industrie di lavorazione del legno, che lo stanno pagando molto di più creando non pochi problemi al mercato», così il rivenditore Stefano Quercioli.

Una situazione «che costringe i nostri fornitori di gestire diversamente le vendite - testimonia Maurizio Procentese che con la sua famiglia guida la pizzeria “Il Barattolo” -, così a noi impongono di fare gli ordini con maggior anticipo, senza consentirci di fare grossi carichi, di fatto contingentando le forniture».

Stessa situazione per Massimiliano Vassallo, titolare della pizzeria “Al Civicosei”: «Il mio fornitore trovava legna in Bosnia e Romania, ma ora quel canale di approvvigionamento si è chiuso - testimonia -. Si sta attingendo da un’azienda slovena che aveva fatto magazzino nei mesi passati, ma anche quella scorta finirà». Il legno usato nei forni delle pizzerie è di faggio, «ma alcuni per risparmiare comprano faggio pressato, scarti della lavorazione - spiega Vassallo -, che non regalano alla pizza quel gusto e quel profumo che siamo abituati a sentire». Il costo di un bancale da una tonnellata viene acquistato dai pizzaioli a circa 250 euro Iva inclusa, mentre prima dello scoppio della guerra in Ucraina si aggirava intono ai 160 euro Iva inclusa. Le gradi catene, facendo acquisti di importanti quantitativi, riescono a spuntare tariffe più convenienti. Chi poi acquista pressati e altro materiale per alimentare i forni, riduce ulteriormente la spesa.

Il rischio, se il conflitto dovesse continuare e se dai paesi dell’Est non arrivasse un via libera alle esportazioni, è che aumenti la difficoltà a reperire il legno, ma anche che i prezzi lievitino ulteriormente, «andando ad aggiungersi ai ben più significativi incrementi dei costi della materia prima e dell’energia - denuncia Peppe Di Napoli, titolare dell’omonima pizzeria -. Non c’è una voce delle nostre spese che non sia cresciuta, e viste e le uscite, è inevitabile un ritocco dei prezzi, altrimenti le imprese non stanno a galla». Carmine Messere della “Caprese” parla non tanto di contingentamento del legno «quando di un aumento dei costi di circa il 13%».

Ma se i gestori di pizzerie con servizio al tavolo hanno avuto la possibilità di rivedere i prezzi - una Margherita oggi oscilla tra i 5,50 euro spesso adottai dalle pizzerie per asporto ai 7,50 euro richiesti da qualche pizzeria del centro -, quelli che gestiscono solo asporto «hanno il più delle volte, come me, recapitato un volantino con il listino per tutto il 2022 delle case di migliaia di triestini - spiega Alessandro Pribaz della pizzerie Mangiafuoco - e quindi per mesi non potranno rivedere i prezzi. Non nascondo che si fa difficoltà a stare in piedi, e nel nostro caso abbiamo dovuto ridimensionare l’organico».

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