Pizzarotti, de Eccher e Razzini: i tre big indagati per la terza corsia
TRIESTE Un accordo per vedersi aggiudicare la gara, scambi con appaltatori e subappaltatori, favori con società amiche per la realizzazione del secondo lotto della terza corsia dell’autostrada A4. Concorso in turbativa d’asta: è per questo reato che sono indagati Paolo Pizzarotti (presidente del consiglio di amministrazione dell’Impresa Pizzarotti&C.), Enrico Razzini (direttore dell’Area operativa di Autovie Venete e Responsabile unico del procedimento) e Marco de Eccher (presidente del consiglio di amministrazione della Rizzani de Eccher Spa). Nomi di punta finiti all’interno dell’operazione “Grande Tagliamento” per le indagini sugli appalti in tutta Italia. I primi che spuntano dalle carte nell’inchiesta condotta dal comando regionale del Friuli Venezia Giulia della Guardia di Finanza.
Secondo quanto scrive il sostituto procuratore della Repubblica di Gorizia, Valentina Bossi, nel decreto di perquisizione, i soggetti «turbavano la gara indetta dal Commissario Delegato per l’emergenza della mobilità riguardante la A4 (tratto Venezia-Trieste) e il raccordo Villesse-Gorizia» in particolare per quanto riguarda i lavori di ampliamento dell’A4 con la terza corsia nel secondo lotto, quello cioè tra San Donà di Piave e lo svincolo di Alvisopoli-Sublotto 1 («asse autostradale dal km 451+021 al km 459+776 e canale di gronda Fosson-Loncon») aggiudicata alla ditta di Pizzarotti in associazione temporanea di imprese assieme alla Saicam di Venezia e alla Rizzani de Eccher. Importo totale dei lavori: 106.281.360,87 euro. Un contratto d’appalto siglato dal Commissario delegato il 23 marzo di quest’anno con l’Impresa Pizzarotti in associazione con la Saicam e la de Eccher.
Proprio il Rup (il Responsabile unico del procedimento, cioè lo stesso ingegner Razzini di Autovie) e la commissione giudicatrice – secondo l’accusa – facevano in modo che il lotto venisse aggiudicato ai tre soggetti, come si legge nel decreto di perquisizione della Procura di Gorizia. Inoltre, «costoro (Pizzarotti, Saicam e de Eccher, ndr) si accordavano con appaltatori e subappaltatori che avevano anche partecipato alla gara (nonostante il divieto di legge che è del 30%, ndr) con l’intenzione di cedere completamente ed irregolarmente i lavori, così da ottenere l’appalto e nel contempo scambiandosi favori reciproci». Favori, ad esempio, con la Ghiaie Ponterosso, società appartenente al Gruppo Grigolin, alla quale consentivano «di partecipare quale subappaltatrice nonostante il divieto di legge, il tutto con modalità tali da alterare la regola della libera concorrenza tra i partecipanti, al fine di favorire in ogni caso le aziende prescelte». Cioè sempre la triade Pizzarotti, Saicam, de Eccher. Ora anche i due fratelli (Renato e Roberto, già accusati e poi assolti per un giro di fatture false due anni fa) del Gruppo Grigolin, colosso familiare che nel trevigiano controlla più imprese nel settore dell’edilizia, sono sotto indagine.
Ma chi sono i protagonisti di questa storia? Big delle costruzioni, quinta impresa in Italia per fatturato (oltre un miliardo di euro nel 2017, l’85% all’estero), la Rizzani de Eccher, di Pozzuolo del Friuli, figura tra le dieci imprese chiamate in questi giorni dal sindaco di Genova Bucci per la ricostruzione del ponte Morandi. Azienda finita al centro delle cronache già in passato, come nel 2014 quando ricevette un’interdittiva antimafia (poi cancellata dal Tar l’anno dopo) o, ancora più indietro nel tempo, all’inizio degli anni ’90 quando i due fratelli, Marco e Claudio, vennero accostati alla cosiddetta Tangentopoli siciliana.
Direttore dell’Area operativa di Autovie Venete dal 2013 a oggi e responsabile unico del procedimento per la terza corsia, l’ingegner Enrico Razzini finì nel registro degli indagati anche nel 2012 (poi il fascicolo venne archiviato) per una consulenza conferita a un professionista esterno.
Dall’ottobre di quest’anno Paolo Pizzarotti è proprietario, assieme a una cordata di imprenditori, del 60% delle quote societarie della squadra di calcio del Parma. Lo stesso imprenditore finì nella bufera nell’inchiesta per la piastra dei padiglioni dell’Expo di Milano del 2015. Dopo essere stato indagato per turbativa d’asta, un anno fa, a novembre, la posizione dell’immobiliarista venne archiviata.
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