"Più etica e regole per uno sviluppo dal volto umano"

Lo scrittore Claudio Magris e il presidente di Allianz spa, Enrico Tomaso Cucchiani, hanno preso parte al dibattito “Numeri e lettere della crisi”, moderato dal direttore de “Il Piccolo”, Paolo Possamai. Magris: "No all’aziendalismo universale". Cucchiani: "La crescita non si ferma"
Claudio Magris e Enrico Tomaso Cucchiani
Claudio Magris e Enrico Tomaso Cucchiani
TRIESTE.
Da una parte Claudio Magris il grande scrittore italiano e editorialista che sa cogliere i cambiamenti (anche nelle sue derive più pericolose) della società italiana; dall’altra Enrico Tomaso Cucchiani unico italiano nel board della più grande compagnia assicurativa al mondo, la tedesca Allianz (dopo che l’americana Aig è stata ”incenerita” dalla crisi). Due protagonisti della letteratura e della finanza a confronto come secondo appuntamento del ciclo «Dialoghi sulla crisi e sullo sviluppo» organizzato da Il Piccolo in collaborazione con NordestEuropa.it. La conversazione a due voci è stata guidata dal direttore de Il Piccolo Paolo Possamai.


La crisi etica nel sistema. Di fronte a Magris e Cucchiani c’è una sala strapiena, per metà composta da studenti dei licei triestini, che applaudono quando lo scrittore e saggista spiega che «Tristano e Isotta non si scrive Tristano & Isotta» per suggerire che «l’aziendalismo non può diventare una visione del mondo» altrimenti «si lavora per produrre, si lavora per lavorare, si lavora per il nulla», aggiunge citando l’economista Schumpeter.


Nel mondo in crisi rimasto vittima di quello che Magris definisce «aziendalismo universale» e dove «l’economia è divenuta la scienza dominante», Enrico Cucchiani oppone la diagnosi del top-manager che analizza le cause di una crisi nel sistema e non del sistema, la prima monitorata in tempo reale: «Sui mercati servono regole e più rigore etico. Dobbiamo puntare a uno sviluppo sostenibile. Il problema non è il capitalismo, che resta il miglior sistema, ma le sue degenerazioni. Dobbiamo cercare una nuova normalità diversa e meno opulenta».


Cucchiani è critico verso i mass media che si limitano a mettere sul banco degli imputati i banchieri spregiudicati e si dichiara deluso da Obama che lancia la guerra ai super-bonus: «Gli stipendi d’oro non sono il vero problema. In realtà in Usa (dove la crisi è nata) ci sono state carenze nelle autorità che dovrebbero regolamentare i mercati e troppa opacità e insufficienti controlli nei bilanci». E avverte: «Non abbiano assistito al fallimento dell’economia di mercato ma al fallimento di una leadership». Il presidente di Allianz Spa segnala tre grandi pericoli come effetto collaterale di una crisi che ha messo in campo, soprattutto negli Usa, formidabili risorse finanziarie («180 miliardi di dollari per salvare Aig, tre volte il Pil della Colombia») in interventi di sostegno ad aziende sull’orlo del crac. Interventi statali che - spiega Cucchiani - rischiano di mandare al collasso gli Stati già alle prese con un esorbitante debito pubblico (che rischia di deteriorarsi rapidamente come insegnano i casi recenti di Grecia e Islanda, e l’Italia non sta meglio): «L’economia reale rischia di contagiare la finanza. Il pericolo è un diffondersi del populismo per evitare decisioni che possono far raccogliere consenso».


La crisi poi sta provocando un ritorno al protezionismo «che può nascere da un intento nobile come quello di salvare l'occupazione» ma che «comporta una distorsione del mercato e della concorrenza, a danno dei consumatori». Il numero uno di Allianz Italia vede poi uno spostamento significativo degli equilibri dell’economia mondiale verso i Paesi asiatici, in primis Cina e India, e i Paesi produttori di petrolio. Cambiano gli equilibri del mondo e dei commerci internazionali.


Globalizzazione buona o cattiva? Il dialogo fra Cucchiani e Magris si concentra soprattutto sulle nuove forme assunte dal capitalismo post-crisi e sul concetto di crescita.Lo scrittore ammette i limiti dell’umanista («non siamo sacerdoti laici capaci di interpretare anche le crisi economiche») ma ha buon gioco nell’evocare Papa Benedetto XVI quando «esorta a non ascoltare né i maghi né gli economisti». E si diverte a sottolineare (di fronte a un italiano al vertice di un colosso delle assicurazioni tedesco) che «in fondo in questa crisi ha giocato in modo negativo la vittoria del capitalismo anglosassone sul capitalismo renano basato sull’industria e sulla produzione». Magris formula l’elogio dell’economia reale auspicando il ritorno a un «capitalismo europeo» per il quale «i numeri sono anche pezzi di pane».


«Il problema non è il capitalismo - incalza Cucchiani - ma le sue degenerazioni. Dobbiamo porci il problema di come far crescere una nuova classe dirigente che possieda rigore etico, un sistema di valori migliore e più equilibrato». Un discorso che vale anche per la politica: «I politici pensano alle prossime elezioni, gli statisti alle nuove generazioni».


I limiti della crescita. Cucchiani rileva che il capitalismo «ha migliorato il tenore di vita di tutti, soprattutto nei Paesi del sottosviluppo». La stessa crescita dell’economia «è una necessità anche per scongiurare le diseguaglianze sociali e di reddito. Per questo un arresto dello sviluppo sarebbe eticamente improponibile». Magris replica che «non potremo crescere in eterno». Nessuno ha sentito arrivare la Grande Crisi perché «c’è stata una riluttanza a sentire che il mondo può cambiare». Per Magris la storia insomma, non è mai finita, al contrario di quanto sosteneva ”stupidamente” lo storico giapponese Fukujama. La cultura dominante dell’economia, secondo Magris degenera nell’”aziendalismo”: «Il nostro Presidente del Consiglio definisce l'Italia un'azienda. Una volta la si definiva Patria, per cui morire. Per un'azienda non me la sento di morire», dice il più volte candidato al Nobel della letteratura.


Consigli ai giovani. Ai ragazzi in platea Magris dice che si trovano di fronte al mondo secondo Celine dove dovunque sta scritto: siamo al completo: «Avete più difficoltà della mia generazione e di quella che vi ha preceduto. Non rinunciate mai a seguire la vostra vocazione». Per i giovani, il consiglio di Cucchiani «è di studiare e impegnarsi, soprattutto in discipline scientifiche, tralasciando facoltà come lettere o filosofia, non perchè di qualità inferiore ma perchè nel nostro Paese studiare quelle materie rischia di far ingrossare la popolazione dei disoccupati».

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