Piste ciclabili: una rete che fa acqua da tutte le parti

Gorizia e i goriziani non hanno mai avuto un buon rapporto con le piste ciclabili. Per la città e i suoi cittadini le corsie riservate alle biciclette hanno sempre rappresentato una sorta di mistero...

Gorizia e i goriziani non hanno mai avuto un buon rapporto con le piste ciclabili. Per la città e i suoi cittadini le corsie riservate alle biciclette hanno sempre rappresentato una sorta di mistero e la colpa è equamente divisa tra tutti: amministrazione, ciclisti, pedoni e automobilisti. Nonostante gli sforzi prodotti negli anni, in quasi tutte le classifiche che periodicamente misurano la qualità della vita, le voci relative ai chilometri di pista ciclabile hanno sempre penalizzato il capoluogo isontino. Secondo l'ultimo report "Ecosistema Urbano" di Legambiente, Gorizia può contare su una rete di soli 9,87 chilometri con un indice di ciclabilità (metri per 100 abitanti) di 5,11. In regione fa peggio solo Trieste (1,66). Diverso è il caso di Udine e di Pordenone. Pianeggianti come Gorizia, i due capoluoghi possono contare, rispettivamente, su un indice di 11,12 e 14,43. In attesa di scoprire se mai verrà realizzata la Ciclovia dell'Isonzo, si può intanto osservare la situazione attuale tralasciando i percorsi turistici extraurbani. Basta una passeggiata lungo il corso per capire che il sistema fa acqua da tutte le parti e la colpa non è necessariamente da imputare al Comune. Se da un lato è vero che storicamente le varie amministrazioni non hanno mai affrontato in maniera seria e organica la questione (nel 2006 c'erano solo 3 chilometri, diventati 8,81 alla fine del 2012), è anche vero che i ciclisti spesso non usano i tracciati a loro riservati. Alle volte non lo fanno per pigrizia mentale, altre volte perché sono a tutti gli effetti inutilizzabili. La gran parte delle ciclabili è infatti realizzata su sedi miste. In alcuni casi (come da via Kugy a via Blaserna o sul cavalcavia Ragazzi del '99) sono separate dalla carreggiata stradale solo da una linea gialla dipinta sull'asfalto, in altri (come in corso Italia e corso Verdi) sono effettivamente separate dal traffico veicolare, ma di fatto condividono lo spazio con i pedoni e non è raro che siano quindi occupate da persone a passeggio, se non da macchine o furgoni posteggiati. Le piste ciclabili protette, sono solo una manciata, ma sono brevi e neppure quelle sono sempre effettivamente utilizzabili (via Romana a Lucinico o via Lunga a San Rocco lo dimostrano). Corso Italia è in via di riqualificazione, ma la pista ciclabile ricavata nei controviali viene spesso ignorata. Molti ciclisti preferiscono rimanere sulla strada (infrangendo il codice) che dribblare continuamente i passanti chiedendo loro permesso. Non vanno meglio le cose nell'area pedonale di corso Verdi dove la ciclabile è più virtuale che reale. Se, infatti, sui due marciapiedi la pavimentazione più scura indica il corridoio per le biciclette, di fatto, a terra manca la segnaletica orizzontale che caratterizza le piste (striscia gialla e pittogramma). In teoria i ciclisti dovrebbero transitare in quel tratto, ma, di fatto, per tutti è più comodo percorrere la parte centrale della strada. Questo però crea spesso dei pericoli e le lamentele di tutti: dei pedoni che si vedono sfrecciare le biciclette a pochi centimetri di distanza e dei ciclisti che devono destreggiarsi tra le persone a passeggio.

Stefano Bizzi

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