Piccioni e sporcizia tra frutta e verdura
È praticamente una colonia autoctona di piccioni quella che vive all’interno del mercato coperto di via Carducci, svolazzando (diciamo così) qua e là. Ed è solo uno dei tanti problemi denunciati da chi, con diversi ruoli, lavora all’interno di quella struttura. Una situazione di crisi nota da tempo che vede il numero degli operatori farsi sempre più esiguo e la fiducia nei confronti delle istituzioni ai minimi storici. Un bel rompicapo a cui il Comune dovrà far fronte, a partire da un sopralluogo ufficiale dell’assessore Lorenzo Giorgi assieme ai tecnici, in programma la prossima settimana.
Ma vediamo alcuni dei punti di crisi. Eclatante quello della pulizia, che fa da corredo ai problemi verificatisi in altri punti della città, dopo l’ultimo appalto comunale. Oggi a occuparsi dell’igiene al mercato è una persona sola. Quando va bene sono due. Al mattino e al pomeriggio si ritrovano molto spesso a portar via una quantità esorbitante di cassette per generi alimentari, accumulatasi sul retro del palazzo. Sono lavoratori che hanno già subito un taglio importante delle ore vedendosi pressoché dimezzare lo stipendio. E che ora operano con numeri esigui laddove un tempo, racconta un venditore del mercato, «a far le pulizie c’erano dieci persone». E fra bagni, cassette sul retro e una passata ai pavimenti diventa impossibile portare a casa il risultato. Tanto più che a benedire il tutto ci sono pure i piccioni.
Un agricoltore che da decenni vende i suoi prodotti al mercato racconta: «Ci sentiamo abbandonati dal pubblico, soprattutto dal Comune che non ha fatto niente». Prosegue: «Potete mettere anche il mio nome e cognome, ma vorrei scriveste di me come “il signor 222”. Il numero di voti che portai a Cosolini. Non è servito a nulla. Vedremo se questi faranno qualcosa». L’uomo lamenta in primis il problema dei piccioni: «Da tempo si parla di eliminarli ma non lo si è mai fatto». Ma quello non è l’unico punto dolente: «Una volta il servizio di pulizie passava con la pompa a lavare i pavimenti, una volta c’erano i vigili a controllare che tutti rispettassero le regole. Adesso niente». Scuote il capo: «C’è stato un tempo in cui eravamo 280 operatori al piano terra e 130 a quello superiore. Ora siamo una cinquantina in tutto nell’indifferenza totale».
Il suo disagio è condiviso anche da altre persone che lavorano all’interno. «Cosa vuole che le dica? Basta guardarsi attorno per vedere in che stato siamo» alza le braccia una venditrice di frutta e verdura. Una fioraia racconta di essere costretta a coprire i suoi prodotti con carte di giornale per evitare che i piccioni li coprano di guano. Ferruccio de Walderstein è uno dei pochi operatori al primo piano, dove occupa un’ampia sezione traboccante di quadri, giornali d’epoca, fumetti, oggetti d’antiquariato. «Sono qui da quattro anni e ho fatto del mio meglio per ravvivare la situazione ma questo posto va rivalutato». Sale una rampa e accede al grande tetto da cui si vede il centro città: «Tutta quest’area è chiusa ma andrebbe ridata alla città».
Giorgi è venuto in visita al mercato sabato scorso, e tornerà la prossima settimana in veste ufficiale, accompagnato dai tecnici del Comune: «Abbiamo già iniziato a lavorare. La prima cosa da risolvere sono i piccioni. Non è possibile che nel 2016, in un luogo dove si vende cibo, ci sia una situazione simile. Servono reti alle finestre e doppie porte per impedir loro di entrare a piedi». E più in generale la questione pulizia: «Va risolta, non possiamo tenere in quel modo un edificio importante per il suo ruolo in città e anche per il suo valore storico. Ovviamente chiediamo anche la collaborazione degli operatori».
Poi l’essenziale sarà riorganizzare il mercato in modo da dargli nuova linfa: «Dobbiamo capire se è possibile ridare vita ai fori al piano superiore. Ad esempio portando anche lì l’alimentare e, magari, un bar». A tal proposito il Comune sta pensando a un progetto che coinvolga i disoccupati in progetti a rischio zero. «Servono anche piccoli eventi - prosegue Giorgi -. Mi hanno parlato del tetto come spazio potenziale, non ci sono stato ma valuteremo». Quel che è certo, conclude, «è che in altre parti d’Italia ci sono mercati magari anche meno belli del nostro che fungono da punto nevralgico della città, dobbiamo riuscire a fare altrettanto anche a Trieste».
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