Picchia la convivente e la loro figlia e poi le insegue con un’ascia in mano

TRIESTE Prima le ha picchiate. Poi ha impugnato un’ascia minacciando di ucciderle, distruggendo mobili e quant’altro gli capitava a tiro. È accaduto in un condominio di via Lorenzetti, in Ponziana. I carabinieri hanno arrestato un cinquantenne triestino con alle spalle altri episodi di maltrattamento familiare.
L’uomo, in preda a un raptus, ha aggredito sia la convivente che la figlia non ancora maggiorenne. Ma stando alle denuncia presentata dalle due vittime, le violenze si sono ripetute per anni tra i muri di casa, con insulti e pestaggi. E spesso davanti alla minore.
L’ultimo fatto, forse quello più grave, si è verificato una settimana fa. L’uomo si è presentato in famiglia completamente ubriaco. Il motivo dell’aggressione non è chiaro: forse un litigio o forse solo la voglia di menare le mani. Il cinquantenne se l’è presa prima con la compagna, spintonandola e afferrandola per i capelli. L’ha trascinata e presa a schiaffi, causandole un trauma facciale. Le ferite sono state diagnosticate dal referto del Pronto soccorso.
La figlia, vedendo la madre in lacrime, ha cercato di prendere le sue difese. Ma il padre si è avventato anche su di lei colpendola selvaggiamente.
I carabinieri, probabilmente allertati dai vicini di casa che hanno sentito le urla, sono piombati sul posto in pochi minuti bloccando l’uomo.
La convivente in caserma ha confermato, tra le lacrime, che le violenze domestiche erano pressoché quotidiane con sberle e calci. Tutto ciò, spesso, era accompagnato da minacce di morte: «Ti ammazzo, ti apro in due - le parole del cinquantenne - se devo rientrare in carcere ci vado bene. La faccio finita e vi accoppo tutti. Ammazzo te e loro...per pulire il sangue ci mettono una giornata. Chiama, chiama...tanto prima o poi vai sottoterra». Erano queste le ritorsioni a cui la donna rischiava di andare incontro contattando le forze dell’ordine. «Scarico il caricatore e la facciamo finita....».
Ma non erano solo parole. Nell’ultimo episodio l’uomo ha afferrato un’accetta, brandendola più volte contro la compagna e la figlia. Poi si è scagliato sugli oggetti e sui mobili presenti nell’alloggio, scaraventandoli a terra e distruggendoli.
Vivere in quella casa era un incubo. Il padre si lamentava di tutto: della pulizia dell’appartamento e delle pietanze che la signora preparava. Non gli andava bene nulla. Ogni pretesto era buono per attaccar briga e per ricoprire di insulti la convivente: «Non sai fare nulla. Sei una tr...una putt...ti ammazzo, ti apro in due».
Dalle ricostruzioni dei carabinieri l’uomo avrebbe usato pure il coltello e più di una volta. Sempre per minacciare. Ma quando è stato arrestato ha negato tutto, anche l’episodio di fine luglio. «Ho dato una sberla alla mia fidanzata, altro non ricordo perché ero molto ubriaco». Così si è giustificato.
Ma l’ultima violenza è stata documentata. La figlia ha registrato con il microfono dello smatphone il momento in cui il padre la spaventava minacciando di usare un’arma. Il file audio è stato acquisto dalle forze dell’ordine.
I gravi indizi di colpevolezza nei confronti del cinquantenne non mancano. C’era abbastanza, insomma, per spingere il gip Luigi Dainotti ad applicare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. L’uomo in questi giorni è al Coroneo.
D’altronde la convivenza in famiglia, viste le violenze sistematiche, era impossibile da moltissimo tempo: la prima denuncia della madre contro il compagno risale addirittura al 2005. Inevitabile, quindi, la cella: l’uomo potrebbe ripetere gli stessi comportamenti, anche a causa dei forti problemi di alcolismo. —
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