Piazze e vie affollate nei rioni di Trieste: «Chiusi dentro casa non resistiamo più»
TRIESTE Se non ci fossero le mascherine sembrerebbe quasi la normalità. C’è voglia di vita nei rioni triestini. Da Valmaura a San Giacomo, da Barriera al centro e poi oltre verso Roiano, la città non è affatto il deserto di un anno fa. Eppure sempre “zona rossa” è, oggi come allora. Nonostante i divieti e il timore dei controlli, la gente esce, gira, si ritrova. Per strada, in piazza. E fuori dai bar, anche se vige la regola dell’asporto.
Il Covid stavolta fa meno paura? Anche se gli ospedali sono pieni e i numeri dei positivi continuano a preoccupare? O forse ormai si accetta il rischio del contagio, per se stessi e per gli altri, relegandolo alla fatalità?
Complice la bella giornata primaverile, ieri a mezzogiorno in Campo San Giacomo si contavano decine di persone. Si faticava a trovare una panchina vuota. Anziani, mamme con le carrozzine, bimbi che giocavano a pallone. Chi faceva due passi, chi sorseggiava il caffè da asporto. Chi era alla seconda o alla terza birretta, in compagnia dei vecchi amici di quartiere.
O chi, ancora, era sceso in piazza solo per prendere un po’ d’aria. «Mi rendo conto che questo virus può fare davvero del male e che si può anche morire – spiega il settantunenne Elio – ma io non ce la faccio a stare a casa, ho bisogno di vedere la gente e di chiacchierare. Non ho una moglie, sono solo. Come faccio a rimanere chiuso tutto il giorno? Però sto attento, tengo la mascherina, mi lavo spesso le mani». Giorgio, settantasette anni, segue il discorso e annuisce. «Già, basta fare attenzione. E io, per quanto mi riguarda, non ho paura. Perché noi della nostra generazione siamo nati ai tempi della guerra e abbiamo gli anticorpi», dice con una risata. «Comunque – riprende serio – sono consapevole che stare fuori a contatto con gli altri è sbagliato, ma è impossibile restare chiusi in casa. Diventi matto».
Maria e Nicoletta sono due giovani mamme, entrambe di origini rumene ma da tempo ormai residenti a Trieste. Ieri erano in piazza a portare a giocare i bambini. «Come fai a tenerli in casa? Devono correre, sfogarsi e noi approfittiamo per stare un po’ fuori».
Più in là, seduti su una panchina, ecco Fulvio e Renata, marito e moglie di settantacinque anni. «Sono invalido, esco solo per fare un po’ di movimento», racconta Fulvio indicando la stampella. «Ma dopo un paio di giri attorno alla chiesa mi devo fermare e riposare. Un giorno è venuta la polizia e glielo ho spiegato, gli agenti hanno capito. L’altra sera, invece, sono passati i carabinieri... hanno semplicemente invitato la gente ad andarsene. Nessuna multa. Però è evidente – prosegue – la gente fa ormai quello che vuole, anche perché in queste settimane non ci sono i controlli dell’anno scorso. C’è polizia qua a San Giacomo stamattina? No, non si è visto nessuno. E c’è anche chi è senza mascherina...se glielo fai notare ricevi rispostacce».
Scena da finto lockdown pure a Valmaura. Lungo il marciapiede che costeggia la chiesa, dopo la banca, ieri mattina non era difficile notare i capannelli all’esterno dei bar. Clienti con il bicchiere in mano, sigaretta e chiacchiere tra amici. Tra loro loro un triestino sui cinquant’anni. Non ha la mascherina, si rifiuta di portarla. «Ho già beccato quattro multe, ma tanto non le pago. Io alla mia libertà non ci rinuncio. Bevi una birra e vieni circondato dalla polizia come fossi un criminale. Mi è successo. Mi pare tutta una grande esagerazione. Anche perché non sempre il virus ha conseguenze gravi. Mia figlia per esempio ha avuto il Covid ed è in quarantena, ma non è stata così male».
L’argomento virus talvolta infiamma le conversazioni della gente quando è in fila fuori dalle farmacie, o alla cassa al supermercato. Sono discorsi un po’ così. Si va dai complottisti, ai fatalisti. «Se mi ammalo, pazienza», interviene un altro cliente in coda. «Vuol dire che doveva succedere, destino».
Tanto a San Giacomo, quanto in Barriera e a Roiano, nelle piazze, lungo le strade o davanti ai bar a piccoli gruppetti, pullula di gente. Non mancano i ragazzi sulle panchine, con la mascherina abbassata. «Tanto non ci sono controlli...»
«Ci sono, eccome», ammonisce invece il prefetto Valerio Valenti. «E li stiamo intensificando» precisa. «Infatti mediamente a Trieste contiamo quattro o cinque sanzionati al giorno, mentre l’ultimo dato disponibile, quello di martedì scorso, è di ventisei multati». Insomma chi sgarra rischia. «Noi - conclude Valenti - non abbassiamo la guardia». —
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