Piattaforma logistica, Mantovani ko al Tar
La cordata guidata dalla friulana Icop Spa e completata dalla triestina Parisi, da Interporto Bologna e dalla veneta Cosmo Ambiente rimane (quantomeno per ora, poiché la giustizia amministrativa concede la facoltà dell’eventuale appello in secondo grado davanti al Consiglio di Stato di Roma) legittima titolare dell’appalto affidatole dall’Autorità portuale per la realizzazione prima e la gestione poi della Piattaforma logistica destinata a sorgere tra lo Scalo legnami e la banchina a mare ex Italsider al di là della Ferriera di Servola. Ieri mattina è stata resa pubblica la decisione assunta mercoledì scorso dal Tar (ed è una decisione di rigetto) in merito al ricorso avanzato dal colosso padovano delle costruzioni Mantovani come capofila della cordata - di cui fanno parte anche Venice Green terminal e la triestina Samer - alla quale la stessa Authority aveva revocato a maggio tale appalto, aggiudicandolo in via definitiva proprio al consorzio temporaneo rappresentato da Icop e Parisi: un cambio di rotta in corsa, clamoroso, che l’Autorità portuale aveva operato in seguito alle verifiche fatte sulle autocertificazioni allegate all’offerta in cui, secondo il Codice degli appalti, è di fatto tassativo dichiarare l’inesistenza di possibili cause di esclusione dalla gara, nella fattispecie cause riconducibili alla sfera della moralità. Queste verifiche erano state per così dire “stimolate” da una diffida dell’Icop, ispirata a sua volta da un articolo del Gazzettino di Venezia nella quale si raccontava di come l’ex top-manager della Mantovani Piergiorgio Baita avesse patteggiato una condanna a un anno e dieci mesi per associazione per delinquere finalizzata all’emissione di false fatture (si era, per inciso, all’alba degli scandali Expo e Mose). Circostanza, questa, non citata tra le carte dell’offerta per la Piattaforma logistica, così come non erano state citate le vicende penali di altri due soggetti di minore rilievo coinvolti nella medesima cordata, ovvero l’ingegner Andrea Mantoni di Venice Green terminal, che in precedenza aveva patteggiato una pena, e l’ex direttore finanziario Nicolò Buson, sottoposto a suo tempo a misure cautelari come Baita.
Dalla revoca dell’appalto al consorzio primo classificato e l’aggiudicazione al secondo (e unico concorrente) era nato così il ricorso al Tar della Mantovani, preparato dagli avvocati Luca Antonini e Maria Alessandra Sandulli, domiciliati a Trieste dall’avvocato Simonetta Rottin, ricorso che ieri mattina è stato come detto rigettato. La sentenza di primo grado, depositata nella segreteria del Tar da ieri, non solo non accoglie l’istanza dell’eventuale reintegro nell’appalto - previo annullamento delle relative deliberazioni dell’Authority che a maggio hanno formalizzato per l’appunto il cambio della titolarità dell’appalto stesso - ma dichiara «infondata anche la richiesta di risarcimento dei danni», attorno ai 40 milioni, avanzata in via subordinata, e respinge infine anche il reclamo parallelo teso a far riconoscere dai giudici amministrativi lacunosa, dal punto di vista normativo, pure l’offerta della cordata della Icop, cosa che avrebbe mandato all’aria tutta la procedura dell’appalto, costringendo l’Authority a bandire daccapo una nuova gara.
Ma andiamo con ordine. La Mantovani ha sostenuto che uno dei tre soggetti per i quali non era arrivata una documentazione completa era un «institore non munito di poteri decisionali, un mero procuratore speciale», mentre per gli altri due «le notizie di reato risalgono a quattro mesi dopo le dichiarazioni rese nella gara in oggetto» ed entrambi «subito dopo sono cessati dalla carica e hanno ricevuto due sentenze di patteggiamento». Ma per il Tar «l’institore si occupava anche di ambiente ed ecologia» e «l’appalto riguardante la Piattaforma logistica concerne un’area in cui i problemi ambientali ed ecologici risultano quanto mai importanti e addirittura essenziali per lo svolgimento dei lavori oltre che per la successiva gestione. Invero nell’autocertificazione egli non aveva nemmeno menzionato la condanna patteggiata e tale elemento risulta decisivo per farla considerare falsa e non semplicemente incompleta». Quanto agli altri due secondo il Tribunale amministrativo ci sarebbe voluta pure «un’informazione completa anche sulle vicende penali successive, che è mancata». «Sia gli obblighi di dichiarazioni sia il dovere di comunicare le evoluzioni di vicende penali - scrive nella sentenza il presidente del Tar Umberto Zuballi - rispondono alla medesima ratio, quella di creare e mantenere un rapporto di certezza e di leale collaborazione tra parte pubblica e parte privata in una concessione di costruzione e gestione, per cui la stazione appaltante deve essere messa in grado di valutare la moralità professionale della ditta partecipante alla gara».
Porte chiuse dal collegio dei magistrati amministrativi anche per quanto riguarda l’istanza di esclusione della cordata concorrente, divenuta titolare dell’appalto, i cui requisiti divengono «non più contestabili da una ditta legittimamente esclusa», scrive il giudice Zuballi accogliendo sostanzialmente le tesi dei difensori della Icop, gli avvocati Francesco Vagnucci, Giuseppe Sbisà e Arturo Cancrini, e dell’Avvocatura dello Stato per l’Autorità portuale. E anche se contestabili fossero state, il Tar «per scrupolo di completezza» li esamina e non ne ravvede nulla di rilevante ai fini di un annullamento dell’aggiudicazione all’Icop stessa. «L’infondatezza del ricorso - la chiosa del Tribunale amministrativo - rende infondata anche la richiesta di risarcimento dei danni». Primo round dunque a Icop e partner, oltre che all’Authority. È probabile in effetti che il contenzioso viva la sua coda al Consiglio di Stato. Dopodiché, e intanto si sarà fatto 2015, i lavori per la Piattaforma logistica potranno iniziare.
@PierRaub
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