Piattaforma da collaudare, bando “pilotato”

All’avviso emesso nel 2014 dall’Authority per formare la commissione si presentò solo Loffredo, uno degli indagati
Il porto di Trieste
Il porto di Trieste

TRIESTE. La vicenda del Porto di Trieste finita nella rete dei pm di Firenze riguarda l’accordo stretto a Roma fra i burattinai. Riguardava non l’appalto dei lavori in questione, bensì la fase del collaudo. Ossia i professionisti che avrebbero dovuto aggiudicarsi gli incarichi per i quali l’Autorità portuale aveva emesso, nel giugno 2014, un avviso pubblico.

La tabella mostra le grandi opere finite nel mirino dei carabinieri: c'è anche l'hub portuale di Trieste
La tabella mostra le grandi opere finite nel mirino dei carabinieri: c'è anche l'hub portuale di Trieste

C’era infatti da nominare una commissione - composta da tre persone - cui affidare il collaudo tecnico amministrativo e statico della piattaforma logistica, opera da 132 milioni di euro la cui prima pietra è stata posata lo scorso novembre. Ma all’accordo sui nomi da insediare non sono seguiti i risultati. Dopo la perquisizione che i carabinieri avrebbero effettuato su ordine della procura di Firenze - la stessa Authority ha bloccato il bando dichiarando chiusa la procedura di gara.

Nel mirino anche la Piattaforma logistica di Trieste
La posa della prima pietra della Piattaforma logistica del porto di Trieste: è l'8 novembre 2014, Marina Monassi protagonista

È questa la storia che emerge dalle intercettazioni su quello che è stato definito il «Sistema» degli appalti.

L’accordo preventivo per la commissione di collaudo della piattaforma - dicono le carte dell’inchiesta di Firenze - era stato definito, o meglio abbozzato, da personaggi importanti: Stefano Saglia, ex Pdl e Ncd e ex sottosegretario al ministero per lo sviluppo economico; Rocco Girlanda, ex Pdl, già sottosegretario al ministero delle Infrastrutture nel governo Letta e segretario del Cipe, e ora consigliere del ministro Maurizio Lupi.

E poi Ettore Incalza, il superburocrate dei Lavori pubblici, destinatario di una misura cautelare, colui che, come si legge nell’ordinanza, per i vari episodi contestati (fra cui quello di Trieste) «suggerisce al general contractor o all’appaltatore il nome del direttore dei lavori, cioè uno dei soggetti sempre riferibili a Stefano Perotti».

Autorità portuale: mai affidati incarichi per la Piattaforma logisitica
La Torre del Lloyd, sede dell'Authority

E nel giro degli «amici» indagati, oltre all’imprenditore Perotti, compare il nome di Francesco Cavallo, entrambi arrestati; e infine quello di Francesco Loffredo. Proprio quest’ultimo a quanto si sa era stato l’unico a concorrere al bando emesso dall’Authority. Napoletano classe 1954, Loffredo risulta iscritto all’ordine degli ingegneri di Arezzo dal 1996 e titolare dello studio FL Engineering, con propaggini a Roma e Napoli.

Come detto, l’intera vicenda è andata archiviata per decisione della stessa Authority (all’epoca guidata da Marina Monassi). Lo ha sottolineato ieri la stessa Autorità, ora retta dal commissario Zeno D’Agostino, dopo le verifiche sugli atti: «Esaminate le offerte pervenute, l’Autorità portuale non ha ritenuto di affidare il servizio, dichiarando chiusa la procedura di gara». L’Authority precisa che «i lavori della Piattaforma Logistica sono in corso e queste vicende esterne non interferiscono con la regolare prosecuzione delle attività».

Ma le intercettazioni sono rimaste e sono diventate parte integrante degli atti dell’inchiesta. Da qui l’accusa, per i sei indagati (di cui tre arrestati per altre vicende nella stessa indagine), di concorso in turbativa d’asta. La commissione avrebbe dovuto verificare che i lavori della piattaforma - affidati alla cordata composta da Icop Spa e Cosmo Ambiente, gestita al 50% dalla casa di spedizioni Parisi e per il resto da Interporto Spa - sarebbero stati eseguiti a regola d’arte.

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