Petrolio in Adriatico, ipotesi referendum

L’apertura di Milanovic sulla partita delle trivellazioni. Ok dagli ambientalisti. L’opposizione: annunci preelettorali
Una piattaforma petrolifera
Una piattaforma petrolifera

Saranno forse state le critiche sempre più accentuate - in patria e sull’altra sponda dell’Adriatico - alla corsa all’oro nero, e la denuncia dei relativi guasti ambientali. O forse la consapevolezza, seppur tardiva, che un passo così importante va fatto coinvolgendo al massimo l’elettorato. Oppure è solo una mossa populistica, come ha suggerito maliziosamente l’opposizione, pianificata per recuperare consensi. Comunque la si veda, la direzione del vento a Zagabria sta cambiando, in merito agli avanzatissimi piani del governo sullo sfruttamento degli idrocarburi che si nasconderebbero nei fondali dell’Adriatico, in acque croate. Un affare strategico, quello dell’oro nero e del gas, che nelle aspettative dell’esecutivo croato potrebbe portare nelle casse dello Stato più di mezzo miliardo di euro nella sola fase delle esplorazioni. E altri 90-100 miliardi di euro in un quarto di secolo, quando partiranno le trivellazioni da parte dei giganti dell’energia.

Zagabria dà l'ok per lo sfruttamento del petrolio
Una piattaforma petrolifera in Adriatico

Ma i soldi non sono tutto, neppure per un Paese da sei anni in recessione. E la cittadinanza dovrebbe esprimere il proprio parere sul delicato tema. Sarebbero queste le intenzioni del premier croato, Zoran Milanovic, che ha aperto le porte a un referendum popolare sulle trivellazioni specificando, durante una visita all’isola di Arbe, che finora «in Croazia si è andati al referendum» anche «su questioni non di rilevanza nazionale». Poi, la promessa-minaccia. «E allora io dico», ha aggiunto Milanovic, «andiamo al referendum e vediamo se vogliamo», come nazione, «lo sfruttamento» di materie prime «per le quali si combattono guerre, nel mondo», materie come gas e petrolio che «forse noi possediamo nel sottosuolo». O se il popolo croato, al contrario, desidera congelare tutto, come propone «una minoranza rumorosa». Minoranza che, come accade nelle democrazie moderne, ha tuttavia «il diritto di essere rumorosa».

Petrolio in Adriatico, l’ira della Slovenia
Una piattaforma petrolifera marina

Insomma, una via di mezzo tra il concetto di apertura e quello di prova di forza. Rimangono però confuse questioni non di poco conto. Quando sarà indetta l’ipotetica consultazione popolare, dato che i primi contratti per l’esplorazione in Adriatico dovrebbero essere firmati entro fine mese? E il referendum riguarderà anche i futuri pozzi in Slavonia?

Certe sono invece alcune reazioni negative all’uscita a sorpresa di Milanovi„. Il numero uno dell’opposizione, il leader dell’Hdz Tomislav Karamarko, ha parlato di un premier che «ultimamente» fa solo «annunci» che possono contribuire a migliorare «la sua immagine perché stiamo entrando in periodo pre-elettorale». Karamarko ha però ribadito che il suo partito, più che sull’oro nero, ritiene che la Croazia debba puntare su altre risorse, «senza cercare avventure» rischiose. Risorse già collaudate e remunerative, come quelle del turismo.

E anche la minoranza rumorosa si è già fatta sentire. Gli attivisti della campagna “Sos za Jadran” – coordinata da Zelena akcija, Sunce, Zelena Istra, Zmergo e Biom assieme a Greenpeace e Wwf – hanno espresso compiacimento per l’apertura del premier. Ma hanno al contempo ricordato che, se referendum sarà, esso dovrà essere preceduto da una campagna informativa «di qualità», mirata a spiegare alla cittadinanza i pro e soprattutto i contro del progetto di sfruttamento dell’Adriatico. Contro come i rischi di «incidenti durante l’esplorazione e lo sfruttamento», ricorda Sos za Jadran, che minaccerebbero «l’ecosistema dell’Adriatico», oltre al «settore turistico». Settore che contribuisce al 15% del Pil annuale, «una delle poche industrie stabili in Croazia».

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