Peteano, un film sulla strage dimenticata

L’opera del goriziano Cristian Natoli in anteprima alla Casa del cinema di Venezia

GORIZIA. Il 31 maggio 1972 una Fiat 500 imbottita di esplosivo deflagrò a Peteano, uccidendo tre carabinieri e segnando indelebilmente Gorizia. Dopo quarant'anni, la “strage di Peteano” porta ancora con sé un carico di segreti e, anche se non ufficialmente, resta un tassello affatto secondario della “strategia della tensione”. Eppure in Italia non sono molti a ricordare la vicenda: a colmare la lacuna arriva il documentario “Per mano ignota: Peteano, una strage dimenticata” del regista goriziano Cristian Natoli, che è stato presentato in anteprima a Venezia alla Casa del Cinema di Palazzo Mocenigo (le prossime date: il 1° marzo al Visionario di Udine e il 4 aprile a Ferrara).

Il film cuce in una trama storicamente dettagliata, ma sempre attenta al lato umano della vicenda, materiali d'archivio, video dei processi, stampa e testimonianze dirette. Non ci sono solo le voci di chi quel caso lo seguì da cronista (come Gian Pietro Testa, autore di “La strage di Peteano”, 1976, Minerva Edizioni), ma anche quelle emozionanti dei protagonisti, come due dei sei cittadini goriziani innocenti che furono accusati del crimine in un tentativo di depistaggio e degli avvocati Battello, Bernot e Maniacco che li difesero.

«La strage di Peteano ha segnato molto Gorizia dal punto di vista sociale e antropologico, ma non era mai stata raccontata in un documentario», dice il regista. «Lo spirito è far conoscere maggiormente la vicenda in Italia, ma soprattutto ricostruire la storia della città rispetto alla strage». Peteano è uno dei pochi attentati dell'epoca di cui si conoscano i responsabili: Carlo Cicuttini, Ivano Boccaccio e il reo confesso Vincenzo Vinciguerra. Quest'ultimo fece sempre intendere a Felice Casson, che da giudice istruttore di Venezia nel 1980 aveva riaperto il caso e oggi presenzierà alla proiezione, che qualche ordine era arrivato da Roma e che lo Stato aveva volontariamente coperto la “pista nera”. Il documentario annoda fili importanti, come quello che da Peteano porta alla caduta della prima Repubblica: proprio in seguito alle indagini di Casson sui depistaggi, nel 1990 l'allora presidente del consiglio Andreotti ammise l'esistenza di Gladio.

Elisa Grando

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