Pestava i genitori per avere soldi, condannato

TRIESTE Era arrivato a pestare a sangue la mamma e il papà, pur di ottenere i soldi per comprarsi la droga. Il conto della giustizia, adesso, è arrivato: 1 anno, 8 mesi e 600 euro di multa per un trentatreenne triestino accusato di lesioni, minacce ed estorsioni alla famiglia. La sentenza è stata pronunciata dal gup Luigi Dainotti in rito abbreviato. Il pm Massimo De Bortoli, il magistrato titolare del fascicolo, aveva chiesto ben 3 anni e 6 mesi.
La madre e il padre non ce la facevano più a gestire un figlio così violento: le vessazioni erano praticamente quotidiane. E così i coniugi, a un certo punto, seppur a malincuore hanno deciso per la denuncia. L’unico modo per essere aiutati.
Uno degli episodi più gravi risale a luglio dell’anno scorso: il trentatreenne aveva colpito il padre con un pugno in faccia. Ma talvolta il trentatreenne si presentava direttamente nel punto vendita in cui lavorano la madre e il padre pretendendo denaro in contanti e immediatamente. Lo faceva anche in presenza dei clienti. Sempre per la droga. In un’occasione, dinnanzi al rifiuto dei genitori di consegnargli per l’ennesima volta i soldi richiesti, il figlio aveva rovesciato per terra la merce sistemata negli scaffali del negozio, distruggendo i mobili attorno. Poi se n’era andato sferrando un calcio sulla porta di vetro all’ingresso.
Ma nella loro denuncia i due coniugi hanno riferito anche di ripetute minacce di morte. “Vi ammazzo...vi ammazzo”. Così si sentivano dire. Talvolta l’uomo inscenava tentativi di suicidio, come accaduto il 12 luglio dell’anno scorso quando si era ferito ai polsi con una forbice afferrata improvvisamente dal bancone del negozio. E non mancavano poi le intimidazioni. «O mi date immediatamente i soldi di cui ho bisogno oppure vi brucio la casa e il negozio», urlava il tossicodipendente. «Voglio soldi, subito». Spesso i genitori finivano per dare il denaro di cui il giovane diceva di avere assoluta necessità per evitare si sentisse male. Cedevano per paura, soprattutto, ma anche perché si impietosivano a vedere il figlio in quello stato. Violento ma pur sempre sofferente.
Dopo la scelta del 33enne di andare in una struttura per tossicodipendenti in Toscana, affiliata alla Comunità di San Patrignano, i coniugi hanno ritirato la querela ai danni del figlio. Ma il processo è continuato comunque, inevitabilmente. In questi mesi la famiglia è stata sostenuta da un’associazione che offre supporto a genitori che si trovano in condizioni così difficili. —
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