Pestata e umiliata dall’ex: «Ti sfiguro con l’acido»
Trentaduenne accusato di aver sottoposto la convivente a continue vessazioni e minacce: dovrà sostenere un processo

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TRIESTE Cinque anni di convivenza trasformati in un inferno. Cominciati con le offese quasi quotidiane, proseguite con le umiliazioni e culminate con pestaggi e minacce. E pesanti: «Ti sfiguro con l’acido». Andrà a processo un trentaduenne originario di Napoli, residente a Trieste, che la Procura ha indagato per maltrattamenti nei confronti della compagna, una coetanea con cui conviveva.
Un incubo che si è trascinato tra i muri di casa dal 2011 al 2015, fintanto che la donna – ormai terrorizzata – ha avuto il coraggio di fare denuncia. L’uomo è stato rinviato a giudizio dal gup Luigi Dainotti: la prima udienza, davanti a un giudice monocratico, si terrà a settembre.
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Le accuse sono circostanziate, anche se l’imputato – difeso dall’avvocato Maura Resciniti – ha negato gran parte degli episodi contestati.
I maltrattamenti, stando a quanto riferito dalla vittima, sarebbero iniziati fin dai primi periodi di convivenza che risalgono all’ottobre 2011. «Mi dava della putt..., mi offendeva – ha raccontato la donna – mi sputava in faccia dicendomi che ero una sfigata e che non avrei mai alcun fidanzato al di fuori che lui».
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Dalle parole il trentaduenne è passato ai fatti, con sputi in faccia, schiaffi e calci.
Una notte, dopo che la compagna aveva ricevuto un sms, il fidanzato avrebbe minacciato di morte la compagna. In un’altra occasione l’ha spaventata preannunciandole che le avrebbe rovesciato addosso dell’acido. E che le avrebbe tagliato la gola.
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Ma la donna, secondo quanto spiegato agli inquirenti, talvolta veniva trattata anche come una sorta di serva. C’è un episodio, in particolare, che descrive le violenze psicologiche a cui sarebbe stata sottoposta: «Non gli avevo cucito un paio di pantaloni – ha raccontato l’ex compagna – e lui il giorno dopo quando sono ritornata a casa, mi ha fatto trovare tutti i vestiti a terra con i sacchi neri della spazzatura vicini».
Ma la convivente doveva soddisfare l’uomo anche nelle sue esigenze economiche e provvedere a qualsiasi necessità in ogni momento. E se il compagno aveva bisogno di un’aspirina, lei doveva mollare tutto – anche il lavoro – e correre da lui. L’uomo pretendeva anche che la fidanzata si recasse sempre a casa all’ora di cena.
Non tanto per la compagnia, quanto per trovare il pasto pronto. —
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