Persone in isolamento, spuntano le liste
belgrado
La piaga del coronavirus richiede misure eccezionali e inconsuete, in tutto il mondo. Ma nei Balcani e in Ungheria svariate mosse delle autorità al potere potrebbero richiedere sacrifici ancora più dolorosi che in altre parti d’Europa, anche per il sistema democratico e la privacy delle persone, tra liste di proscrizione e parlamenti esautorati.
Proprio il diritto alla privacy è diventato un optional scomodo in Montenegro (16 i casi positivi), dove il comitato di coordinamento governativo nazionale anti-coronavirus (Nkt) ha annunciato nella notte tra sabato e ieri la pubblicazione di «liste con l’identità» di tutte le «persone in isolamento» domiciliare nel Paese. «La decisione è stata presa poiché si è visto che alcune persone» in quarantena a casa «hanno violato» l’isolamento «esponendo a gravi rischi l’intero Montenegro», ha spiegato il governo di Podgorica via Twitter. «L’alternativa sarebbe stata l’imposizione del divieto di circolazione a tutti», è stato precisato.
Il perché della mossa è stato illustrato dall’Nkt: «Dato che le forze dell’ordine non possono controllare i movimenti di tutti gli auto-isolati, è stato deciso che i loro nomi siano pubblici»; lasciando così ai concittadini la possibilità di vigilare sui vicini, è il sottinteso. «Il diritto alla salute e alla vita è superiore a quello della protezione dei dati personali», malgrado le «critiche di parte della società civile», ha rimarcato anche il premier Duško Marković. E le liste, accessibili sul sito del governo, con nomi, cognomi e indirizzo degli isolati, hanno iniziato subito a circolare sui media e i social in maniera rapidissima, accompagnate da molte critiche ma anche da apprezzamenti. «Approccio sbagliato», quelle persone «saranno per sempre marchiate», «spero vi facciano tutti causa, «barbarie», alcuni dei commenti negativi. «Livello inaccettabile di controllo statale», ha commentato il balcanologo Florian Bieber lanciando l’hasthag “pandemictatorship”, un mix di pandemia e dittatura.
Intanto la Republika Srpska, l’entità politica dei serbi di Bosnia-Erzegovina (93 casi confermati, un morto), segue le orme del Montenegro. Lo ha anticipato ieri il premier serbo-bosniaco Radovan Visković, delfino del nazionalista Milorad Dodik, oggi membro serbo della presidenza tripartita, che ha avvertito che «chi violerà l’isolamento» domiciliare sarà messo all’indice, con la pubblicazione «di nomi e cognomi» e addirittura con il trasferimento dei “colpevoli” in una tendopoli riservata ai casi sospetti. In Albania intanto (76 casi), il premier Edi Rama ha minacciato di rendere noti i nomi dei «traditori» che violano il coprifuoco e di ricorrere all’impiego di «cannoni ad acqua e lacrimogeni» per disperdere gli assembramenti. In Serbia (222 casi confermati di coronavirus, due decessi), è stata invece biasimata da alcuni la sovraesposizione mediatica del presidente Aleksandar Vučić, in prima linea per informare la cittadinanza sul coronavirus e prendere decisioni gravi, come il coprifuoco serale. Vučić «parla di tutto», si è «impadronito della crisi» e occupa le Tv, ha attaccato ieri l’ex presidente Boris Tadić.
Molto più seria è però la situazione in Ungheria (131 casi, 6 morti), dove il premier Viktor Orbán ha in cantiere nuove norme che hanno mandato in fibrillazione opposizione, critici e media non filogovernativi. In base a un disegno legge la cui votazione è prevista per domani, si va infatti verso il prolungamento a tempo indefinito dello stato d’emergenza causa coronavirus, garantendo così all’esecutivo pieni poteri di governare per decreto. Assai problematiche anche le norme che prevedono la galera per chi diffonde “fake news”. E quella che suggerisce la possibilità di una «sospensione forzata del parlamento» durante l’emergenza, ha sintetizzato l’agenzia Afp. —
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