Perseguitò il marito per 11 mesi, triestina di 47 anni a processo

Molestie e minacce nei confronti del 64enne, fino a presentarsi nella sua casa. Rovinate porte e serrature compresa l’auto dell’uomo utilizzando un tubo di ferro
Bumbaca Gorizia 11.09.2018 Tribunale © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 11.09.2018 Tribunale © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

MONFALCONE. Una donna triestina, di 47 anni, è finita a processo per atti persecutori, aggravati dal fatto di essere stata legata da una relazione affettiva con la vittima, suo marito, nonché di danneggiamento aggravato.
L’uomo, di 64 anni, di Ronchi dei Legionari, si è costituito parte civile nel procedimento, rappresentato dall’avvocato Monica Di Maria di Trieste. A sostenere la difesa, invece, è l’avvocato Francesca Negro.

L’avvio del processo, calendarizzato il 9 marzo, è stato rinviato a giugno, per la sospensione delle udienze in relazione all’emergenza Coronavirus. A fronte della contestazione dei reati di stalker e danneggiamento, la Procura di Gorizia fa riferimento ad un periodo di undici mesi, dal mese di aprile 2016 fino a febbraio 2017.

I coniugi risiedevano a Ronchi dei Legionari. Nel frattempo l’uomo aveva trovato una nuova compagna, che era stata a sua volta oggetto di comportamenti “molesti”, in particolare numerosi messaggi telefonici, come sostiene la pubblica accusa.

Sempre la Procura goriziana contesta quindi condotte reiterate. Molestie e minacce quindi non “episodiche” e tali da aver provocato nell’uomo un perdurante stato di ansia e di paura, costringendolo a cambiare le proprie abitudini di vita. In particolare, dopo l’interruzione della relazione, la quarantasettenne avrebbe effettuato diverse telefonate al cellulare del marito durante le quali proferiva ingiurie e minacce, nonché avrebbe inviato altrettanti Sms della stessa portata.

Fino a presentarsi all’abitazione dell’uomo in più occasioni. Sempre nelle ipotesi di accusa, si fa inoltre riferimento ad una serie di danneggiamenti. Come danni alla porta d’ingresso, ma anche alla serratura, così come quella della cassetta della posta, dove era stata introdotta della carta stagnola. E ancora, imbrattamenti.

Sarebbe anche capitato che la donna avesse minacciato l’uomo brandendo un ombrello ed un seghetto di ferro.
In un altro caso, è sempre la contestazione della pubblica accusa, la quarantasettenne avrebbe fermato la vettura del coniuge danneggiandola con un tubo di ferro, per poi rivolgere minacce anche alla compagna che era a bordo assieme al sessantaquattrenne.

Il tutto, quindi, secondo l’ipotesi di accusa, replicando nel tempo questi comportamenti, facendo quindi riferimento ad un reato continuato. Insomma, una “persecuzione” durata undici mesi, e tale da compromettere il normale svolgimento della vita quotidiana dell’uomo ed il suo equilibrio emotivo, soggetto a stati di ansia e di paura.


 

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