Peroni: «Reagito a tagli e crisi con spirito repubblicano»
Prima i numeri poi le analisi, infine le considerazioni. Con una bocciatura senza appello degli ex ministri (mai nominati) Tremonti per i tagli e Gelmini per la riforma universitaria. Nell’ultimo discorso del suo mandato (scade a ottobre) per inaugurazione dell’89.o anno accademico dell’Università di Trieste, il rettore Francesco Peroni pur “ripudiando gli stereotipi della liturgia accademica”, ha elencato una serie di traguardi che l’ateneo triestino ha raggiunto durante il suo settenato, «nella più infausta congiuntura del sistema universitario dalla nascita della Repubblica e probabilmente dall’unificazione del Paese». Ad ascoltarlo, e lungamente applaudirlo alla fine della relazione, una platea - al Teatro Verdi - composita di politici, amministratori, vescovo di Trieste, rappresentati delle forze di polizia e dell’esercito, oltre a docenti e studenti. «Nel momento dei consuntivi - ha subito sottolineato il rettore - è motivo di conforto constatare che in questo percorso condiviso si è realizzato la missione più alta dell’istituzione universitaria: quella di educare ai valori di una società aperta, libera e democratica. Quello spirito repubblicano con cui la comunità dell’Università ha reagito in anni di grande difficoltà».
Oggi i numeri sono questi: 1500 unità di ruolo e a tempo determinato, un bilancio consolidato che nel 2012 ha superato i 180 milioni di euro. E poi, sempre elencata nella relazione di Peroni, «la drammatica contrazione» di oltre il 25% dell’organico complessivo subita dal 2006, anno del suo insediamento; solo nell’ultimo anno sono stati assunti 22 professori di ruolo e 30 ricercatori a tempo indeterminato: «Un risultato che sancisce il nostro ateneo nel catalogo delle università virtuose». Ci sono altri numeri che il rettore ha snocciolato, come le 28 scuole di specializzazione post lauream, i 12 master di primo e secondo livello, i 4 corsi di perfezionamento. E poi i riconoscimenti a livello mondiale ricevuti dalla ricerca e dalla didattica, i premi ai suoi docenti.
Ma quello che non va è sotto gli occhi di tutti. «L’ultimo periodo - ha detto ancora Peroni - è stato uno dei più travagliati, tanto a livello locale quanto nazionale. Due cifre parlano più di ogni altra cosa per questo ateneo: un volume di entrate statali portato dai 107 milioni di euro del 2009 ai 92 del 2013; un organico docente contrattosi di oltre il 25%, ma diminuito ancor di più drammaticamente ove lo si osservi nella sua evoluzione decennale, con gli oltre mille docenti di ruolo presenti nel 2002 a fronte dei 709 di oggi». I colpevoli di questa situazione hanno nome e cognome: la classe politica, in particolare quella delle passate legislature, colpevole di «una prassi dei continui tagli finanziari resi ancora di più insopportabili dall’ipocrisia di sedicenti riforme epocali e di una produzione normativa ipertrofica che non ha risparmiato alcun settore della vita universitaria: «É stata lesa l’autonomia costituzionalmente sancita: dalla continua ossessiva revisione degli ordinamenti didattici, una sorta di coazione a ripetere, all’introduzione d’inediti sistemi di valutazione e di accreditamento dei corsi, strutture e sedi, dal diritto allo studio, alla disciplina del reclutamento, fino allo stato giuridico del personale docente e al trattamento di quello tecnico-amministrativo. Un’autentica alluvione legislativa».
Peroni ha parlato anche dell’aggregazione tra le Università di Udine e Trieste, che qualche critica ha ricevuto: «Pur riconoscendo il peso decisivo dei protagonisti, nulla toglie all’irreversibilità del processo avviato. Il progetto di integrazione lega la dimensione in scala regionale delle alleanze alla consapevolezza del ruolo che per il suo sviluppo potrebbe, o meglio dovrebbe assumere, la Regione, che delle università è pur sempre il secondo finanziatore pubblico».
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