Permessi di soggiorno illegali condannato ex commercialista
Si chiama Cesare Bossi, 54 anni. Fino a qualche anno fa commercialista. Tuttavia - anche senza partita Iva - ha comunque svolto l’attività professionale occupandosi delle pratiche relative alla concessione dei permessi di soggiorno illegali. Ieri è stato condannato dal gup Raffaele Morvay alla pena di 3 anni e 8 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 8mila euro. Era difeso dall’avvocato Federica Danielis. Il giudice ha sostanzialmente accolto le richieste del pm Pietro Montrone.
Nella vicenda che ha portato alla condanna dell’ex commercialista sono stati coinvolti 14 extracomunitari: marocchini, tunisini e bengalesi. Accomunati dai permessi facili, facilissimi. Condannati anche due coniugi tunisini - Hatem e Naima Samara - a 4 anni e 30 mila euro di multa. Nasser Alì, pure tunisino, ha patteggiato la pena di 2 anni e 10 mesi. Patteggiamento di un anno e 10 mesi, pena sospesa per Luigi Russo, 68 anni, volontario della Caritas all’epoca dei fatti e padre del senatore Pd Francesco: era accusato in concorso di aver favorito l’immigrazione clandestina fornendo fittizie dichiarazioni di assunzioni. In aula gli avvocati Giulio Quarantotto, Ornella Stradaioli, Mauro Dellago, Deborah Berton, Gabriella Frezza, Luca Maria Ferrucci e Livia Rinaldi. Assolti tre extracomunitari perché il fatto non sussiste.
Le indagini dei finanzieri del Gruppo Trieste sono scattate tre anni fa dopo un controllo casuale su alcune ditte che all’epoca stavano eseguendo i lavori di ristrutturazione della caserma di molo Fratelli Bandiera. Era emerso che la documentazione era stata redatta in parte da Cesare Bossi. Risultava commercialista ma la partita Iva era inattiva da anni. In breve sono partiti gli accertamenti disposti dal pm Montrone. Ed è stata esaminata anche la posizione fiscale di altri titolari di attività commerciali triestine che risultavano di fatto non più operative ma che avevano richiesto gli appositi permessi per far entrare in Italia lavoratori da impiegare. Solo sulla carta però. Così gli investigatori avevano scoperto l’esistenza di società inattive o con una conclamata passività dedite alla ristorazione, all’edilizia o alla locazione immobiliare che chiedevano di assumere personale straniero per ottenere i permessi di soggiorno. Di fatto invece gli stranieri che arrivavano nella nostra città venivano avviati al lavoro nero in attività in regione o in fabbriche clandestine.
Il blitz era scattato all’alba del 20 novembre 2011. Poderoso lo spiegamento di forze: 120 finanzieri e oltre 40 mezzi. Erano state effettuate decine e decine di perquisizioni. L’inchiesta del pm Montrone si era dipanata in tre filoni riguardanti gli ingressi irregolari di cinesi, oltre che bengalesi e nordafricani. Era anche emerso un giro di prostituzione.
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