Pericolo contagio a messa, il vescovo: "basta un sorriso"

La Cei e la Santa Sede non si sono ancora espresse ufficialmente, ma l’emergenza rischia di condizionare anche la messa: meglio ricevere la particola nelle mani e non in bocca e meglio non scambiarsi il segno della pace attraverso la stretta di mano
GORIZIA Meglio ricevere la particola nelle mani e non in bocca e meglio non scambiarsi il segno della pace attraverso la stretta di mano, almeno finché non sarà cessato l’allarme. La Cei e la Santa Sede non si sono ancora espresse ufficialmente, ma l’emergenza influenzale rischia di condizionare anche la messa: la questione è già stata presa in esame, con le eventuali contromisure, anche perché non interessa solo i fedeli ma anche gli stessi sacerdoti.


Il vescovo di Gorizia, Dino De Antoni, dichiara: “ Starei a quanto ha detto il sottosegretario Fazio: non vogliamo fare allarmismi e creare panico. Ma se il contagio dovesse diffondersi e qualche focolaio venisse scoperto qua in regione, allora diremo ai nostri parroci che per il segno della pace non è necessario stringere la mano ma è sufficiente un inchino o un sorriso”


Durante la messa, infatti, ci sono dei momenti in cui i partecipanti sono accomunati non solo spiritualmente, ma anche fisicamente. I contatti avvengono con le mani e con la bocca: due parti del corpo che, secondo i medici, sono tra i principali veicoli di contagio. Non a caso, in Francia, si è arrivati a vietare i baci nelle scuole. E, quanto alle mani, il primo consiglio degli esperti è quello di lavarsele spesso con il sapone.


La Chiesa, al momento, non ha ancora deciso se e come modificare il rito della messa ma ha iniziato a discutere sulle eventuali precauzioni da prendere. Monsignor Michele Centomo, responsabile della diocesi di Gorizia per la liturgia, conferma che fino a ora la Cei e la Santa Sede non si sono pronunciati ufficialmente sull’argomento. «Ma - aggiunge - la stretta di mano come segno della pace è in ogni caso facoltativa tant’è che in altre parti, anziché la stretta, c’è l’abbraccio di pace». Molto dipende dalla cultura locale e monsignor Centomo ricorda, al riguardo, che anche nel messale romano è precisato che i riti si svolgono secondo gli usi e costumi locali. Talvolta, specie durante le messe feriali, il sacerdote nemmeno invita i fedeli allo scambio del segno della pace: «Vale la regola del buon senso».


Anche per quanto riguarda la comunione monsignor Centomo si limita a dire che ricevere la particola sulle mani anziché in bocca sarebbe un’intelligente facoltà: «Indubbiamente la cosa ottimale».


Per la comunione, dunque, i rischi di contagio potrebbero essere agevolmente risolti in questo modo. E per il segno della pace, quantomeno quando arriverà il momento dei picchi influenzali più forti, forse sarà il caso di lasciar perdere. Un’occhiata al vicino potrebbe essere più che sufficiente. Tanto più uno sguardo, un’occhiata, vale più di tante parole.

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