Peressin: «Vengo ancora additato come quello che seppellì Grubissa»

Aiuta la compagna, titolare del bar ad Aris: «Allia gira in Ferrari, io lavo i piatti e lotto con i fantasmi»
Bonaventura Monfalcone-30.10.2020 Massimo Peressin-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-30.10.2020 Massimo Peressin-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura



«Vengo ancora additato come quello che ha seppellito Paolo Grubissa. Da quella terribile vicenda ne sono uscito con una sentenza di assoluzione. Per otto anni ho sofferto le pene dell’inferno. Non ho neppure rivendicato il risarcimento dei danni, volevo solo dimenticare e soprattutto essere finalmente lasciato in pace». Massimo Peressin, all’epoca imprenditore staranzanese, ha perso tutto. «Allora avevo in piedi cantieri importanti, come la realizzazione del sottopasso del Centro commerciale Emisfero e di due condomini da 12 appartamenti ciascuno, all’interno della caserma dei carabinieri di Gorizia», ricorda.

Ha ricominciato cercando di sconfiggere definitivamente i “fantasmi” di una storia che lo ha distrutto. Lontano dalla regione per 15 anni, è tornato a Staranzano con la compagna e i loro due bambini. Nell’ottobre 2019 ha rilevato il bar trattoria ad Aris San Polo, accollandosi il relativo mutuo, attività intestata alla giovane donna. «Giorno per giorno ho rimesso insieme la mia vita, mi sono rifatto una famiglia, fino a tornare a Staranzano – racconta l’ex imprenditore –. Nonostante i problemi legati all’emergenza sanitaria, cerchiamo di andare avanti con il locale. È la mia compagna la titolare, io la aiuto, lavo i piatti e faccio le pulizie. Sono disoccupato, ho cercato lavoro, di tutti i tipi, ma senza alcun esito positivo. Ho una famiglia da sostenere». Peressin continua a ripetere: «Non sono un criminale, piuttosto sono un uomo diventato nevrotico. Ho affrontato una lunga terapia psicologica e sono rimasto lontano dalla mia terra di origine per 15 anni, ma ancora oggi mi sembra di essere “braccato”. Avrò il diritto di vivere senza sentirmi rinfacciare un evento del passato per il quale è stata dimostrata la mia estraneità?».

Nel 2006 il Tribunale di Trieste aveva condannato a 20 anni di carcere il catanese Salvatore Allia per l’omicidio del monfalconese Paolo Grubissa, era novembre 2003. Pena ormai scontata. Peressin, insieme ad altri, era invece finito a processo davanti al Tribunale di Gorizia, con l’accusa di occultamento e distruzione di cadavere, il povero “Marte” era stato trovato dentro un bidone “cementato” e sepolto nell’area interna del suo cantiere edile a Sagrado. Nel dicembre 2011 il Tribunale l’aveva assolto. Peressin ricorda quanto gli è accaduto poco tempo fa: «Ero appena entrato in un locale di Staranzano con mia figlia di 5 anni, avevo salutato un conoscente che, come mi aveva visto, aveva iniziato a urlare “io non parlo con te”, spingendomi a terra assieme alla bimba. Eravamo caduti e la piccola aveva battuto la testa. Mentre la stavo sollevando da terra, l’uomo mi aveva dato un pugno al volto, sempre urlandomi: “Tutti sanno cosa hai fatto e chi sei...”».

E ora pesa una richiesta di sospensione della licenza per il locale. «Il motivo – spiega – è legato al fatto che non è chiara la titolarità della licenza, eppure gli scontrini la indicano chiaramente, il nome è quello di mia moglie. Abbiamo la relativa documentazione a comprovarlo. Come è previsto dalla legge, mi affiderò ad un legale ai fini dell’annullamento del provvedimento». Tutto era scaturito quando le forze dell’ordine s’erano presentate al locale per un controllo. E lo scorso 10 ottobre, racconta, era stata consegnata alla compagna, legale rappresentante dell’attività, una notifica in ordine ad una sanzione amministrativa per mancata esposizione della Scia. Sette giorni dopo, era giunto il provvedimento di sospensione della licenza per mancata trasparenza circa la titolarità del locale. In questo caso, la circostanza a monte era diversa. Peressin aveva richiesto l’intervento delle forze dell’ordine per un furto subito, denaro sottratto dalla cassa, e per una rissa scoppiata nel bar, che aveva provveduto a sedare. Con ciò ritenendo che il rappresentante legale fosse proprio Peressin. «Non capisco perché sia stato emesso il provvedimento di sospensione della licenza, quando lo stesso richiedente, una settimana prima aveva notificato alla diretta interessata, ossia la mia compagna, il verbale relativo alla mancata esposizione della Scia. Non capisco pertanto perché venga messo in dubbio il fatto che sia lei la titolare del bar. Questa attività è l’unica fonte di reddito. È veramente dura, in tutti i sensi. Quando lo scorso anno era stato aperto il bar, dicevano in giro: “Ha aperto quello che ha seppellito Grubissa”». Osserva: «Allia ha certo scontato la sua pena, oggi so che gira in Ferrari e che ha un’impresa enorme. Io sono ancora che combatto con questa storia, nonostante sia stato assolto. Mi aveva scritto assicurandomi che, una volta uscito dal carcere mi avrebbe contattato per scusarsi e spiegarmi perché mi aveva coinvolto. Sto ancora aspettando».—

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