Per un tango vendetta tra fidanzati 70enni

Lui condannato per aver scritto il cellulare di lei nei bagni delle Torri con pubblicità a luci rosse

Galeotto fu un tango, ballato forse in maniera troppo appassionata. Due passi di danza che hanno fatto andare su tutte le furie un quasi settantenne triestino che, geloso nel vedere la sua compagna (8 anni) in atteggiamenti a suo dire troppo confidenziali con un altro uomo, per vendicarsi, ha ben pensato di imbrattare le pareti dei servizi igienici dei centri commerciali triestini con numero di cellulare della donna accompagnato da inviti espliciti a pratiche sessuali. È da quel giorno che la donna ha iniziato a venir tempestata da telefonate erotiche, volgari, da inviti a incontri sessuali.

Un episodio che testimonia come ancora oggi quei messaggi che un tempo si leggevano nei bagni pubblici o in quelli degli autogrill, abbiamo spesso un seguito è successo per chi è alla ricerca di incontri particolari. Sorpresa e infastidita dalle continue telefonate piccanti, la donna ha cercato di sapere da uno degli uomini che l'hanno contattata alla ricerca di qualche minuto di passione, dove avesse reperito il suo numero di cellulare. «E' scritto in evidenza nei bagni delle Torri d'Europa», si è sentita rispondere. È così che un amico della donna ha iniziato a passare in rassegna i servizi igienici di tutti i centri commerciali triestini, alla ricerca degli annunci hard. Trovati, li ha segnalati alla malcapitata che, riconoscendo la calligrafia del suo ex compagno, si è rivolta ai carabinieri che hanno convocato l'uomo.

Quest'ultimo, di fronte anche al riconoscimento della sua calligrafia che comprovava la paternità di quelle scritte oscene, ha ammesso le sue colpe. La donna, ancora innamorata, ha deciso allora di perdonarlo. E la liaison che aveva avuto inizio qualche anno prima, è ripresa per alcuni mesi fino alla lite definitiva e alla rottura del rapporto. È a quel punto che l'uomo ha riservato però un'altro colpo di scena. Denunciando la vecchia fiamma per appropriazione indebita, dei regali che lui le ha fatto nel corso del rapporto. Perché secondo il "generoso" partner, lui era solito prestare alle sue compagne una sorta di "kit del bravo amante", di corredo, ma solo in prestito e non in regalo. Un insieme di oggetti che a fine rapporto, a suo dire, andavano restituiti. Come un anello con la scritta "ti amo", una giubbotto in pelliccia, una spilla, una collanina che a seguito della denuncia il pubblico ministero Federico Frezza ha disposto vengano sequestrati dalla casa della donna che si è vista arrivare i carabinieri alla 7 del mattino con un mandato di sequestro. Dopo i dovuti accertamenti e le testimonianze a favore della donna che provavano come quegli oggetti fossero stati comperati proprio per farne dono a lei, il tribunale ha assolto la donna difesa dal legale Roberta Rustia.

È a quel punto che l'amante offesa e ferita nell'animo e nel cuore, ha deciso di denunciare a sua volta l'uomo per la dignità offesa da quelle scritte apparse nei bagni dei centri commerciali. Un danno che il giudice ha quantificato in mille euro di risarcimento. Ma per la donna e il suo avvocato, quei mille euro, quel valore così esiguo assegnato alla sua dignità, è risultato più offensivo delle scritte apparse sulle pareti dei servizi igienici. È per questo che ora è stato presentato appello.

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