Per la Croazia la settimana più dura Zagabria, primi malati al Palasport

Il bilancio sanitario peggiore da inizio pandemia. In varie città manifestazioni contro le nuove misure
In fila per i test epidemiologici a Zagabria
In fila per i test epidemiologici a Zagabria

ZAGABRIA È una settimana particolarmente dura per la Croazia quella che si chiude oggi, (domenica 29 novembre), con il peggior bilancio sanitario dall’inizio della pandemia. Da domenica scorsa oltre 23 mila persone hanno contratto il coronavirus e 351 sono decedute causa Covid.

Nelle ultime 24 ore, inoltre, sono stati registrati 3.987 casi su un totale di 11.282 tamponi: in altre parole, il 35% di chi ha effettuato il test è risultato positivo. «Dove abbiamo sbagliato?», si chiede il quotidiano Jutarnji List, mentre in Croazia è iniziato ieri il nuovo lockdown soft che divide il paese e i dati segnalano nuovi record. Fino a una settimana fa il governo Plenković parlava di situazione «sotto controllo», ora si viaggia sui 4 mila nuovi contagi al giorno e oltre 50 decessi quotidiani.

Numeri troppo alti perché il sistema sanitario nazionale possa tenere. Ecco che ieri è entrata in funzione la prima struttura d’emergenza: l’Arena di Zagabria - il grande palasport trasformato in ospedale - ha accolto i primi pazienti. Si tratta di 15 persone, provenienti da tre nosocomi cittadini e affidate ora alle cure di una ventina di medici e altrettanti infermieri che costituiscono la squadra operativa dell’Arena. Lo scorso marzo non era stato necessario utilizzare questo impianto in cui si trovano attualmente 500 letti, ma la seconda ondata del Coronavirus pare aver colpito più duramente la Croazia, o averla trovata impreparata. Fino all’altro ieri poche erano infatti le misure introdotte dall’esecutivo croato. Appena dieci giorni fa si è tenuta a Vukovar la lunga e affollatissima marcia di commemorazione per l’assedio del 1991: e oggi c’è chi imputa proprio a quell’evento il record di contagi registrato nella “città martire” e nei dintorni (226 nuovi casi in 24 ore). Secondo l’epidemiologa Kata Krešić la colpa sarebbe piuttosto dello svinjokolje, la tradizionale macellazione dei suini che si fa in famiglia (e in compagnia) a novembre. Un’altra tradizione su cui il governo avrebbe dovuto essere più vigile, secondo gli osservatori più critici.

Ad ogni modo ieri sono scattate le nuove misure disposte dal governo croato: celebrazioni pubbliche limitate a 25 persone, quelle private a 10, chiusi bar, ristoranti e palestre. E ora fioccano anche le prime multe: fino a 200 euro per chi non indossa la mascherina nei mezzi di trasporto pubblici. Ma proprio queste misure hanno provocato ieri le prime proteste. A Zagabria e nelle altre principali città del paese, alcuni gruppi di persone - anche se non numerosi - si sono dati appuntamento per manifestare contro la «dittatura» e contro quella che reputano essere una «storia gonfiata». Malgrado le cifre terribili di contagi e decessi «il coronavirus è un progetto politico», assicura Žana Beber, tra gli organizzatori della protesta di ieri.

Dalle colonne del quotidiano Slobodna Dalmacija, i parroci locali si chiedono intanto come faranno a limitare a 25 il numero dei fedeli, mentre nella notte tra venerdì e sabato molti locali di Zagabria hanno violato le nuove misure, andando incontro non solo alle multe ma anche ad alcuni arresti, come riporta il giornale 24Sata. La Croazia si divide, insomma, tra chi denuncia misure tardive e chi critica un attacco alle libertà individuali.

E la situazione non è diversa in Slovenia, dove un nuovo corteo di manifestanti ha attraversato l’altra sera la capitale Lubiana in automobile, per protestare contro le politiche del governo (fino a qualche settimana fa i dimostranti si davano appuntamento ogni venerdì in bicicletta). Secondo la stampa locale, 80 di loro sarebbero stati multati. Come in Croazia, però, anche in Slovenia gli ospedali sono sotto pressione, con 1.250 persone ricoverate per Covid–19 e un ritmo giornaliero di circa 1.600 nuovi contagi e 40 decessi. L’unica notizia positiva pare nascondersi nella percentuale di tamponi positivi, che è scesa al 23%. Forse, almeno in Slovenia, la corsa del virus sta rallentando. —


 

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