Pedaggio record in A4, dieci centesimi al km come la Torino-Genova

TRIESTE Dal Lisert a Udine Sud sono una quarantina di chilometri, poco meno. Il costo al casello è di 4 euro e 10 centesimi, vale a dire 0,10-0,11 euro a chilometro. Tanto quanto le tratte gestite da Autostrade per l’Italia, la concessionaria nel mirino dei cittadini e del governo - il ministro Toninelli ha parlato di «mani nelle tasche degli italiani» - dopo il crollo del viadotto di Genova.
A leggere un’indagine di Altroconsumo di inizio anno, a costare 0,11 euro a chilometro sono la Roma-Pescara (A14) e la Genova-Viareggio (A12), mentre a 0,10 sono la Genova-Torino (A10) e la Genova-Firenze (A11 e A12). Cifre tra le dieci più alte d’Italia, subito dietro la costosissima tangenziale esterna di Milano, costruita per Expo 2015, dove si spendono 20 centesimi al chilometro. Un caso, quello della tratta “dorata” che esiste anche in Fvg per i 14,4 km della Lisert-Villesse che, visto il pedaggio da 2,50 euro, pesano 0,17 euro a chilometro.
Autovie Venete, la concessionaria che gestisce la A4, informa che in realtà non sempre si pagano solo i km percorsi. Nel caso della Trieste-Udine Sud vengono remunerati alla società anche quelli oltre le stazioni del capoluogo regionale e della città friulana in quanto costruiti e gestiti in manutenzione a opera della stessa Autovie. L’estensione totale è così di 52 km, con una tariffa a carico dell’automobilista che si abbassa a 0,078 a km. La stessa cosa vale per la A34 Villesse-Gorizia, dove la tariffa “virtuale” viene pagata alla barriera di Villesse perché tutte le uscite successive, fino a Gorizia, sono prive di casello.
Ma, dal punto di vista di chi si mette al volante, il costo a km è più alto. Tra i più alti d’Italia. Come del resto spiega bene il decollo del ticket a partire dal 2010, il decennio o quasi attraversato dall’operazione terza corsia, con aumenti in doppia cifra prima che la crisi imponesse un freno, ma con un ritocco pure nel 2018 (+1,88%) superiore al +1,5% previsto, fino al 2038, all’interno del complesso dossier per la proroga della concessione sulla A4.
Da Trieste a Udine Sud si paga in auto il 64% in più di otto anni fa; da Trieste a Venezia Est il 52,8% in più; da Trieste a Redipuglia il 62,5% in più; da Udine Sud a Palmanova il 54,5% in più. Nulla di sorprendente a leggere il +13,58% del 2011, il +12,93% del 2012, il +12,63% del 2013, il +7,17% del 2014, prima che, in piena crisi economica, il ministro Maurizio Lupi ponesse un freno.
Quando si parla di Autovie come della “cassaforte” del Fvg si capisce perché. Ed è altrettanto chiaro il motivo per cui, nel 2015, i soci privati di Friulia, banche e assicurazioni, completarono l’operazione concambio per il 50% delle azioni possedute nella finanziaria regionale (dove in era Illy avevano investito 120 milioni) in favore di una partecipazione in Autovie, come previsto nei patti parasociali sin dal battesimo della holding.
La presenza privata nella concessionaria autostradale è così oggi attorno al 15%, con Friulia ancora ampiamente maggioritaria (73%) e la Regione Veneto al 4,8%. Ancora aperta, non a caso, la partita dell’uscita dei privati dalla concessionaria (la stima della liquidazione è di 100-150 milioni), necessaria per concretizzare la soluzione “in-house”, la via per evitare la gara europea per il rinnovo della concessione.
La “cassaforte” ha prodotto nell’ultimo bilancio ricavi per 209 milioni, di cui 186 da pedaggi, 885 mila euro all’anno per ciascuno dei 210 km gestiti, media in linea con quella italiana. La crescita dei ricavi (200,8 i milioni del 2016) è frutto dell’aumento del traffico (+2,6% nel 2017 sul 2016, con il +6,3% dei mezzi pesanti), con l’inevitabile conseguenza, a cantieri aperti, di rallentamenti, code, obbligo d’uscita e incidenti: con un milione di transiti in più si è passati dai 631 del 2016 ai 701 del 2017 (+11%). Un “sacrificio” dovuto ai lavori per la terza corsia, con Autovie che rileva peraltro come nel lotto completato, Quarto d’Altino-San Donà, gli incidenti nello stesso periodo sono calati del 51% (da 240 a 118).
Non tutto l’incassato dai pedaggi resta però in casa giacché una parte, il 2,4%, copre il canone di concessione (79% allo Stato, 21% all’Anas) e ci sono poi le quote dell’Iva (22%) e dell’integrazione del canone concessionale anch’esse destinati allo Stato, mentre ulteriori “fette” vengono utilizzate a copertura degli investimenti e per la manutenzione: gestione degli impianti tecnologici, riasfaltature, sostituzione di barriere di protezione, prevenzione anti-ghiaccio e ripulitura neve, potatura e sfalcio, rifacimento segnaletica.
I costi sostenuti dal 2012 al 2017 per la manutenzione si attestano a circa 14,6 milioni, mentre gli investimenti per ampliare e ammodernare la rete sono stati pari a circa 398 milioni, un’ottantina all’anno, a fronte, nello stesso arco, di 22 milioni distribuiti ai soci. Gli utili sono invece andati per la maggior parte a Friulia, che li ha utilizzati per supportare le imprese. —
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